◆ L’editoriale di VITTORIO EMILIANI
► Con Giorgio Napolitano scompare una delle più nobili figure della politica italiana ed europea. Da Napoli, dove si era formato come appassionato di teatro e di cinema in una cerchia di amici antifascisti come Ghirelli, Compagnone, Rosi e altri ancora, aveva portato una cultura europea avanzata. Dalla città dove la politica era stata illuminata dal riformismo laico di fine ‘700.
Napolitano ha rappresentato nel Pci l’anima riformista, laica, europea. Del resto come immaginare un politico più sideralmente lontano dai “balletti eleganti” di Berlusconi? Ricordo bene il suo bel discorso per l’Unità d’Italia che suscitò unanimi consensi (esclusa s’intende la Lega Nord) e che disse parole chiare sul Risorgimento fortemente laico e sul retrogrado papismo demolito dai bersaglieri a Porta Pia. Presenti i cardinali più contrari, come il cardinal Bertone, alla politica di papa Francesco recisamente avversa ai barbari respingimenti di migranti nordafricani e africani o asiatici.
Napolitano è stato il solo presidente, prima di Mattarella, a dover accettare una rielezione che l’età e la salute gli avrebbero sconsigliato di accettare. Ma egli è stato un personaggio tutto politico, dagli anni giovanili ai 98 della sua scomparsa. Nel Pci ha sempre rappresentato l’anima migliorista, cioè quella più aperta ad una ulteriore evoluzione in senso riformista. È stato infatti il solo comunista ad essere invitato nelle Università americane, una sorta di autorevole apripista.