Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sul nucleare e un decreto legge sulle bollette, ma i grandi assenti sono gli interventi strutturali per ridurre i costi dell’energia. Il Paese è in bolletta e continuerà a restarci. Tra il 2021 e il 2023 gli operatori del settore hanno incassato utili per circa 19 miliardi all’anno, più 175% rispetto all’anno pre-pandemico. L’Associazione Federconsumatori stima aumenti nel 2025 per circa 1.000 euro in più a famiglia. In quattro anni il prezzo dell’energia è triplicato. Il nostro Paese è al primo posto della classifica europea per numero di ore in cui è il gas a fissare il prezzo e conseguentemente rimane tra i primi posti nel podio di chi paga l’energia più cara in Europa. E il governo non ha saputo cogliere neanche le opportunità contenute nel Pnrr per la riduzione dei consumi di famiglie e imprese
◆ L’analisi di PASQUALE STIGLIANI
Le poche misure attivate non sono state accompagnate dagli interventi strutturali necessari per ridurre il prezzo dell’energia. Per tali ragioni, possiamo ritenere l’iniziativa di scarsa efficacia visto che non si interviene sulle cause reali che sono presenti nella decisione espressa dal governo di promuovere l’impiego del gas nel sistema energetico del Paese, con la volontà addirittura di realizzare un hub nel territorio nazionale. Da inizio legislatura infatti, in nome del “corruttore incorruttibile” Enrico Mattei, la premier e i suoi ministri hanno approvato misure per aumentare la produzione nazionale di gas senza risultati e hanno concluso accordi con numerosi Paesi con l’idea di stoccare il gas sul territorio italiano per rifornirlo successivamente ad altri Paesi europei.
Se da un lato c’è chi guadagna lautamente, dall’altra parte c’è chi paga sempre di più. L’Autorità per l’energia ha calcolato che, nel primo trimestre del 2025, la bolletta elettrica per i vulnerabili aumenterà del 18,2 per cento, mentre il valore della materia prima del gas nel servizio di tutela della vulnerabilità dall’ottobre del 2024 è incrementato del 12,4 per cento. L’Associazione Federconsumatori stima aumenti nel 2025 per circa 1.000 euro in più a famiglia. Per le imprese Nomisma ha calcolato per il 2025 una crescita del costo dell’elettricità del 15 per cento e per il gas del 14 per cento. Anche le cause intrinseche di questo nuovo aumento iniziato dalla primavera del 2024, come quelli precedenti, derivano dalla struttura del sistema energetico europeo e dalla relativa dipendenza dal gas, per cui l’Europa e l’Italia, pur disponendo di un sistema di infrastrutture di importazione diversificato, non sono riuscite a sottrarsi alle dinamiche globali, non dominabili, degli aumenti di prezzo.
Tali oscillazioni sono legate al prezzo del gas, che rimane il principale fattore nella formazione del prezzo dell’elettricità a causa del cosiddetto meccanismo del system marginal pricing. In Italia il gas naturale, nonostante rappresenti circa il 40% del mix nella generazione energetica, stabilisce il prezzo dell’elettricità nel 90% delle ore (in Europa il gas copre il 20% della produzione e determina il prezzo per il 63% delle ore). Il nostro Paese è al primo posto della classifica europea per numero di ore in cui è il gas a fissare il prezzo e conseguentemente rimane tra i primi posti nel podio di chi paga l’energia più cara in Europa.
Il pieno disinteresse della maggioranza per questo settore è confermato anche dalla procedura di infrazione della Commissione europea sulla direttiva rinnovabili (RedIII) confermata la settimana scorsa. Le aspettative tra gli operatori delle rinnovabili non sono brillanti. I risultati della gestione del governo Meloni sono già visibili: siamo passati dai 760 MW installati a dicembre ai 420 MW installati a gennaio. Ricordiamo che ogni 4 GW di rinnovabili immessi nel sistema energetico eliminano 1 mld di metri cubi di gas. Solo raggiungendo gli 8/9 GW di rinnovabili individuati dagli obbiettivi europei al 2030 sul clima e l’energia si potrebbero ridurre circa 10 mld di metri cubi di gas, con un enorme beneficio economico per tutto il sistema Paese.
Il governo ha anche bloccato gli investimenti per ridurre i consumi di energia, in particolare il sostegno per la riqualificazione energetica degli edifici. Con la scusa che è tutta colpa del superbonus, paradossalmente, ha smantellato le misure che hanno sostenuto l’economia anche in periodi di forte crisi. Ricordiamo che solo per gli edifici pubblici spendiamo per i consumi di energia circa 50 mld anno di bolletta. Consumi che potrebbero essere ridotti velocemente del 30% con un piano di riqualificazione energetica degli edifici pubblici, creando lavoro e molto altro, non solo risparmi in bolletta.
Tra gli altri aspetti è importante rilevare che il governo non ha saputo cogliere neanche le opportunità contenute nel Pnrr per la riduzione dei consumi di famiglie e imprese. Ormai, quasi certamente, non si riuscirà ad impiegare i 7.5 mld per la misura transizione 5.0 e 2.2 mld per la creazione di comunità energetiche rinnovabili. Attualmente non è stato speso nemmeno il 10% delle misure che sono in fase di scadenza nei prossimi mesi. Un vero peccato se pensiamo che l’ultimo provvedimento è intorno ai 3 mld e se consideriamo i racconti delle periferie in cui le famiglie devono rinunciare a riscaldarsi e le attività produttive ad abbassare le serrande.
La premier Meloni ci faccia capire da quale parte vuol mettere il governo, trovi soluzioni strutturali per garantire la sicurezza del Paese ed eviti di sostenere tecnologie nucleari insostenibili e ancora non commerciali. Ci dica se vuol continuare a garantire le rendite e i profitti dei pochi. Spinga, invece, sull’innovazione eliminando gli ostacoli alla produzione di energia rinnovabile e facilitando la realizzazione di interventi per la riduzione dei consumi energetici. Solo in tal modo potrà aspirare a rendere il nostro Paese autonomo e indipendente energeticamente e politicamente. Era questo il grande sogno di Enrico Mattei, che non si piegò mai alla corte dello zio Sam. © RIPRODUZIONE RISERVATA