Perché la città dei Due Mari si è lasciata scappare la possibilità concreta di trasformare il molo polisettoriale in un hub per tutto il Mediterraneo, il Far East e il Sud-Est asiatico? Ancora oggi (dopo vent’anni e più) si parla, ma sottovoce, di dragare i fondali. Tuttavia gli attuali deboli traffici richiamano alla memoria i numeri del primo decennio del 2000. Siamo all’ennesima fase di stallo con problemi legati a procedure burocratiche e alla classificazione del porto di Taranto come “Sin” (Sito di Bonifica di Interesse Nazionale), che ha rallentato investimenti e opere infrastrutturali necessarie per la sua piena operatività e competitività. Con le nuove nomine concordate tra Salvini e Emiliano, potrebbe finire il grande sogno di trasformare Taranto da città con un porto a città portuale
◆ L’analisi di ROCCO TANCREDI
► È francamente incomprensibile il silenzio assordante di Taranto dove il ministro Salvini rischia, con le sue scelte, di far affondare il porto, attraverso la possibile nomina di presidente dell’Autorità Portuale (Ap) di Giovanni Gugliotti. Il quale, nel suo curriculum, in una movimentata audizione in Commissione Trasporti, ha dichiarato di avere la “Patente nautica”, di essere stato sindaco di Castellaneta e presidente della Provincia di Taranto provocando un subbuglio delle opposizioni che hanno tuonato all’unisono: “Non ha i requisiti!”.
Ma non è solo il ministro a sostenere questa avventura. Come al solito, c’è lo zampino del presidente della Regione, Emiliano, che avrebbe chiesto uno scambio: Gugliotti (in quota Lega) a Taranto, e a Bari Francesco Mastro. Intanto c’è il blocco delle votazioni nelle due Commissioni Trasporti dove tutto è sospeso in attesa che il governo stabilisca l’elenco completo di tutti i candidati alla presidenza dei 16 porti italiani. Ed è stata Fratelli d’Italia a bloccare tutte le nomine in attesa che si definisca la spartizione politica. Un’usanza, questa dello spoils system, che resiste ancora e solo nei porti italiani che necessitano di essere governati prima di tutto da persone preparate e competenti (anche senza una patente nautica).
E in agguato c’è un rischio. La situazione di stallo potrebbe portare a una paralisi nel governo delle Autorità portuali italiane mettendo in stand by gli investimenti e la competitività dei porti. Nel passato l’Ap di Taranto è stata governata (tra il 1996 e il 2006) da presidenti che hanno rivitalizzato quella landa deserta che era il molo polisettoriale. A partire dal primo presidente, Giuseppe Guacci, che avviò l’utilizzazione del molo polisettoriale tra il 1996 e il 2006 nella fase iniziale dopo la legge 84/1994. È l’epoca in cui Taranto aveva attirato l’interesse di importanti operatori marittimi, come Evergreen, impegnata ad assumere duemila posti di lavoro a tempo indeterminato.
Ci si è fermati a poco più di cinquecento assunzioni poiché i governi nazionali, la Regione Puglia, e anche gli Enti locali (per la parte di loro competenza) nulla hanno fatto per rispettare gli impegni assunti, il 19 maggio 1998, con la concessione del molo polisettoriale alla “Tct” (Taranto Container Terminal), firmata dal presidente dell’Ap Guacci e dal direttore generale della “Tct”, Ko Ching Lin (rappresentante di Evergreen). Allora tutti prevedevano che Taranto sarebbe diventata il primo porto hub di tutto il Mediterraneo. E però la società cinese (la seconda al mondo), preso atto di impegni non rispettati, dopo circa cinque anni di solleciti e promesse non mantenute, ha iniziato a dislocare progressivamente altrove i suoi traffici dal porto di Taranto. A partire dal settembre 2011 Evergreen ha spostato quattro delle sue linee (due oceaniche e due feeder), da Taranto al Pireo in Grecia. Poi, nel 2015, la “Tct”, in cui Evergreen deteneva una quota del 40%, è stata messa in liquidazione, segnando di fatto la fine della sua presenza a Taranto.
Perché la città dei Due Mari si è lasciata scappare la possibilità concreta di trasformare il molo polisettoriale in un hub cruciale per tutto il Mediterraneo, il Far East e il Sud-Est asiatico? I motivi principali di questo trasloco dei traffici in Grecia sono connessi ai ritardi notevoli nel potenziamento del terminal “Tct”, alle prese con la necessità di rifare le banchine e adeguare i fondali alle portacontainer megaship (di oltre 10.000 teus) che toccavano Taranto. Dopo oltre quindici anni di attesa ricchi di promesse da marinaio, Evergreen ha optato per il Pireo dove opera tutt’oggi. Dal 2000 al 2005, il porto di Taranto, è stato competitivo con grossi porti italiani, movimentando migliaia di tonnellate di merci sempre in crescendo, con prodotti siderurgici e container dal Far East diretti a porti europei. L’avvio della società cinese risale al 27 giugno 2001 con l’arrivo nel porto ionico della prima portacontainer proveniente da Singapore.
Ancora oggi (dopo vent’anni e più) si parla, ma sottovoce, di dragare i fondali. Tuttavia gli attuali deboli traffici richiamano alla memoria i numeri del primo decennio del 2000. Siamo all’ennesima fase di stallo con problemi legati a procedure burocratiche e alla classificazione del porto di Taranto come SIN (Sito di Bonifica di Interesse Nazionale), che ha rallentato investimenti e opere infrastrutturali necessarie per la sua piena operatività e competitività. A fronte della necessità di far governare il porto da presidenti che, nel passato, hanno lasciato un segno importante nella storia portuale (Guacci, Petriccione, Conte e Prete, i segretari generali Conte e Agliata) il ministro Salvini e il presidente Emiliano sembrano fare un gioco sporco (a Taranto) con la nomina di un presidente che sarà anche una brava persona ma che non pare all’altezza di assumere un incarico d’importanza vitale non solo per Taranto ma per il Mezzogiorno. È la fine del grande sogno che voleva trasformare Taranto da città con un porto a città portuale. © RIPRODUZIONE RISERVATA