La locandina del film diretto da Fleur Fortuné con Alicia Vikander, Elizabeth Olsen e Himesh Patel

Disponibile in esclusiva sulla piattaforma Prime Video, il film d’esordio della regista francese Fleur Fortuné è un dramma fantascientifico presentato al Toronto Film Festival nel 2024. L’opera non ha avuto una distribuzione nelle sale italiane ed è passata in sordina. È un’indagine acuta sull’ancestrale desiderio di maternità e paternità, spicca per il suo stile e le interpretazioni attoriali. Fortuné è abile nella costruzione della scena e nella direzione attoriale, dando ampio spazio alle interpretazioni complesse e sfaccettate di Elizabeth Olsen e Alicia Vikander. Quest’ultima, attrice premio Oscar nel 2016, divora la scena con un personaggio enigmatico, incubo di coppie e futuri genitori


◆ La recensione di GIULIA FAZIO

In un futuro distopico, la genitorialità è un privilegio accessibile a pochi: non c’è posto per nuove generazioni, letteralmente. Il lungometraggio d’esordio di Fleur Fortuné utilizza i tropi della fantascienza per indagare una questione di una certa rilevanza nella società contemporanea: è questo il mondo dove far nascere altri esseri umani? L’opera pone la domanda sulla necessità dei legami parentali anche in tempi bui, una scelta che può sembrare egoistica, ma che assolve a un istinto primordiale, atavico. Lo Stato legifera e decide esercitando un controllo assoluto sulla vita degli individui, imponendo di passare attraverso un processo di valutazione estenuante che, solo in minima percentuale, culmina con l’idoneità.

Alicia Vikander interpreta Virginia, colei che si occupa di valutare la coppia formata da Mia (Elizabeth Olsen) e Aaryan (Himesh Patel), due importanti scienziati che vivono isolati dedicandosi ai loro studi: lei una biologa che si occupa di ripristinare forme di vegetazione perduta, lui crea tramite l’intelligenza artificiale animali domestici ormai sacrificati per la salvaguardia dell’umanità. Virginia irrompe per sette giorni nella loro quotidianità e intimità, mettendo a dura prova sia la loro pazienza che la loro capacità di adattamento. Il comportamento della donna diventa sempre più irrequieto e disturbante, alternando fasi nelle quali si finge un’infante a quelle dove riprende i panni di un commissario giudicante. Mia e Aaryan affrontano così una serie di sfide che non avevano preventivato, dimostrando soprattutto a sé stessi la solidità del loro rapporto e l’intensità del loro desiderio genitoriale. 

L’ambiente esterno in cui vivono i protagonisti del film è un mondo distrutto e inospitale per la crisi climatica

The Assessment è mondo inadatto ai bambini, distrutto dal cambiamento climatico e dove le scelte arbitrarie dell’essere umano sono sottoposte a un controllo politico serrato. Criminali e disertori vengono esiliati nel “vecchio mondo”, ormai luogo remoto e inospitale, descritto come la deriva di una realtà che non esisterà più. La messa in scena pone in risalto l’angoscia di un’esistenza inscatolata: la camera da presa abita ripetutamente gli stessi ambienti, minimali e cromaticamente piatti. La casa è costituita da spazi asettici e pareti dai toni scuri con pochi sprazzi di colore e vetrate ispirate ai rettangoli di Mondrian. Si dipana così agli occhi dello spettatore un quadro astratto che prende forma dall’angoscia – l’uso reiterato dei colori primari simboleggia un ritorno all’origine delle cose, al necessario. L’eccessivo riguardo per gli aspetti formali e lo stile della regista francese rischia tuttavia di distogliere lo sguardo dal cuore pulsante dell’opera: l’analisi sociale. Seppur con una premessa accattivante, la sceneggiatura tradisce nell’indagare l’aspetto più interessante: il rapporto perturbante tra Mia e Virginia.

Il mondo di The Assessment è ben congeniato e le sue regole appaiono non solo plausibili, ma applicabili alla società del consumismo incontrollato e dell’egoistico rapporto dell’uomo con la natura che lo accoglie. In questo risiede l’astuta ironia del film: le scelte individuali andranno in conflitto con il bene comune. Se adesso si sceglie di ignorare questa verità, presto non ci sarà più l’opzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Classe 1994. Aspirante sceneggiatrice e critica cinefila anarchica. La grande passione per la Storia e la Letteratura la portano a laurearsi in Triennale in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Catania con una tesi in Letterature Comparate dal titolo Jules e Jim, dal romanzo al film. Invece, per assecondare l’altra passione - il cinema - decide di laurearsi in Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi di Roma Tre. Collabora con alcuni Festival del cinema in Italia e in Canada; e svolge il ruolo di selezionatrice e giurata. La passione per la Settima Arte si affianca a quella per l’Arte e la Letteratura, e non immagina un mondo in cui la cultura muoia senza lottare.

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