La locandina del film di Bong Joon-ho con Robert Pattinson, Mark Ruffalo, Toni Collette

L’ultimo film distopico del regista sudcoreano è ambientato fra i ghiacci che ricoprono un lontano pianeta dove un politicante da strapazzo guida un tentativo di colonizzazione insieme alla perfida moglie. Nel suo equipaggio di disperati c’è anche Mickey, un mite sempliciotto “sacrificabile” dalle sperimentazioni ritenute necessarie dagli scienziati della spedizione. Morto per la diciassettesima volta, il corpo di Mickey viene riassemblato con una macchina simile a una stampante in 3D, e la memoria, conservata in un hard disk, viene reinstallata. Qualcosa però va storto


◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *

“Mickey 17”, del regista sudcoreano Bong Jooh-ho, è arrivato nelle sale italiane, e vale la pena di vederlo anche se a mio avviso non è al livello di capolavori come “Parasite“ e “Memorie di un assassino”. Due Oscar e una Palma d’oro non si vincono per caso. Con questo film Bong Joon-ho torna alla fantascienza, o meglio al tema di un futuro apocalittico che aveva già affrontato nel fortunatissimo “Snowpiercer”. Quello era interamente ambientato su un treno obbligato a non fermarsi mai per non soccombere ai ghiacci che avevano invaso la Terra. Qui invece i ghiacci ricoprono un lontano pianeta dove un politicante da strapazzo, l’ottimo Mark Ruffalo, guida un tentativo di colonizzazione insieme alla perfida moglie, la sempre brava Toni Collette. 

Nel suo equipaggio di disperati c’è anche Mickey, un mite sempliciotto interpretato dal camaleontico Robert Pattinson. Mickey è un “sacrificabile”, che pur di lasciare la terra ha accettato di sottoporsi a tutte le sperimentazioni ritenute necessarie dagli scienziati della spedizione. Molte comportano la morte, ma dopo ogni morte il corpo di Mickey viene riassemblato con una macchina simile a una stampante in 3D, e la memoria, conservata in un hard disk, viene reinstallata. Dopo la diciassettesima morte, però,  qualcosa va storto.

Roberto Pattinson, protagonista di Mickey 17, in una scena del film diretto da Bong Joon-ho

Bong Joon-ho ha recuperato molti dei temi che gli sono cari. Ci sono i ricchi spietati e gli oppressi che a un certo punto capiscono di esserlo e si ribellano. C’è un mondo in disfacimento, dove prosperano i fanatismi religiosi e gli uomini non sono altro che cavie al servizio del sistema. E non mancano i mostri, essenziali per la creazione di quel registro grottesco che è il marchio di fabbrica del regista. Ma nel complesso il film risulta un po’ discontinuo, perché nella prima parte promette molto, mentre nella seconda il tono didascalico prevale e appesantisce la narrazione. Tutto sommato, comunque, un peccato veniale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) L’autore dirige oltreilponte.org

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Giornalista, già responsabile del telegiornale scientifico Leonardo su Rai 3. Ha due figlie, tre nipoti e un cane. Ama la vela, la montagna e gli scacchi. Cerca di mantenersi in funzione come le vecchie macchine fotografiche analogiche che colleziona, e dopo la pensione continua ad occuparsi di scienza, politica e cultura sul blog “Oltreilponte.org”.

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