Emanuele Greco in questo suo agile, ma rigorosissimo, saggio ci ricorda come la colonizzazione greca in Occidente ruota su tre argomenti di base, l’identità degli apoikoi (i colonizzatori), la figura e il ruolo dell’ecista (il fondatore) e la cronologia dello ktisma (la fondazione vera e propria della colonia). La ktisis, l’atto fondativo della colonia, non è un evento cristallizzato nel tempo, quanto come un processo, più o meno lungo, che apre vasti orizzonti agli studi e alla ricerca sul campo dei rapporti tra i colonizzatori greci e le popolazioni indigene. Certo non sempre idilliaci, ma spesso anche di convivenza, se non proprio di interazione tra le due etnie.Un libro che è anche un atto d’amore verso la sua città natale, Taranto, e l’intera Magna Grecia
◆ La recensione di ARTURO GUASTELLA
Di Alcistene e del suo celebre mantello, come detto, vi racconterò dopo. Ora mi preme mettere in rilievo come Emanuele Greco in questo suo agile, ma rigorosissimo, saggio ci ricorda, fin dall’inizio, come la «colonizzazione greca in Occidente ruota su tre argomenti di base: l’identità degli apoikoi, i colonizzatori, la figura e il ruolo dell’ecista, il fondatore, e la cronologia dello ktisma, la fondazione vera e propria della colonia». Inoltre, il già Direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, non manca di ricordarci, come la ktisis, l’atto fondativo della colonia (apoikia), non va considerato come un evento cristallizzato nel tempo, quanto come un processo, più o meno lungo. Un corollario, quest’ultimo che apre vasti orizzonti agli studi e alla ricerca sul campo dei rapporti tra i colonizzatori greci e le popolazioni indigene. Certo non sempre idilliaci, ma spesso anche di convivenza, se non proprio di interazione tra le due etnie. E, soprattutto, dà la possibilità di aprire un ampio sentiero lungo il quale far procedere insieme fonti storico-letterarie ed archeologia, la quale ultima «figura come la pianta ortogonale di una città coloniale; essa non è né oligarchica, né democratica, ma è buona per tutti i regimi».
Un libro per specialisti, dunque? Certamente. Ma anche per quanti di noi si pongono il problema sulle proprie origini, non soltanto antropologiche, ma anche di storiografia, di tradizioni, di culti, e, perché no, di architettura e di urbanistica. Inoltre, “Nell’Occidente greco” è un libro d’amore verso la sua città natale, Taranto, e suoi ormai più che sessantennali Convegni sulla Magna Grecia, i cui atti costituiscono un incomparabile tesoro di conoscenza. La cui preziosità, lungi dall’affievolirsi nel tempo, proprio per i suoi contenuti straordinari di studi, di ricerche e di testimonianze, costituisce una incomparabile biblioteca, cui poter sempre attingere, visto lo spessore culturale di coloro che quelle testimonianze hanno dato. E poi, per chi, come chi scrive, quei Convegni li ha seguiti da decenni, gli autori che Greco cita nel suo libro non sono semplici nomi, ma i volti tuttora nitidi di Ettore Lepore, Mario Napoli, Dinu Adamesteanu, Attilio Stazio, George Vallet, Marcello Gigante, Giovanni Pugliese Carratelli (cito soltanto alcuni di quelli che ci hanno lasciato), e tantissimi altri che potrete incontrare se leggerete le pagine di questo libro.
E le “apoikiai”: Taranto, Metaponto, Sibari, Crotone, Caulonia, Pithecusa (Ischia), Cuma, Zancle, Pandosia, Siris, Pandosia, Elea, Paestum, Siracusa e tutte quelle altre nostre antiche poleis, che ci hanno cresciuti, cullati, amati e che continuano a darci la fierezza di essere qui nati e di esserne cittadini. Insomma, proprio come l’himation di Alcistene (dedicato al santuario di Hera Lacinia a Crotone) – lo pseudo-Aristotele, nei suoi “Mirabilia”, lo descrive come un mantello lungo oltre sei metri, splendente in entrambi i lati di perle e di pietre preziose, decorato con figure intessute che rappresentavano la persiana Persepoli, ma anche Zeus, Hera, Themis, Atena, Apollo, Afrodite, la sua città, Sibari, e lo stesso Alcistene –, il libro di Emanuele Greco molte preziosità ce le offre.
Certo, in quanto a costi, non può reggere il paragone con il mantello di Alcistene, che, si racconta, quando il tiranno di Siracusa, Dioniso il Vecchio, espugnò Crotone, nel 378 avanti Cristo, si impadronì del mantello e lo vendette ai Cartaginesi per 120 talenti, qualcosa come 720 mila dracme. Una cifra strabiliante, se pensate che la paga di un lavoratore ateniese o magnogreco di quel periodo era di appena una dracma al giorno! © RIPRODUZIONE RISERVATA