Da marzo dello scorso anno sono diventate le nuove prigioni, l’eterna zona rossa dei nostri vecchi: secondo un’indagine condotta dalla comunità di Sant’Egidio, su 237 Rsa e case di riposo di 11 città e 10 regioni italiane, il 64% non consente alcun tipo di visita per i propri ospiti. Chiusi in quelle quattro mura, giorno e notte, d’estate e d’inverno: nel 61,18% delle residenze sanitarie, agli anziani ricoverati è proibito ogni tipo di uscita, persino per le visite specialistiche. Non solo: alla maggior parte di loro non viene concessa neppure l’assistenza religiosa, diritto fondamentale negato nel 65% dei casi. In Piemonte il difensore civico Augusto Fierro denuncia letti di contenzione e lucchetti alle carrozzine
L’inchiesta di LILLI MANDARA
I numeri sono spaventosi: secondo un’indagine condotta dalla comunità di Sant’Egidio, su 237 Rsa e case di riposo di 11 città e 10 regioni italiane, il 64% non consente alcun tipo di visita per i propri ospiti. Un divieto giustificato dall’enorme numero di contagi e di decessi che si verificò lo scorso anno, all’inizio della pandemia. Ma adesso, a distanza di tutto questo tempo e con la quasi totalità degli anziani delle Rsa finalmente vaccinata, questa regola appare ingiusta, inaccettabile. Tanto che il Nas (Nucleo antisofisticazioni e sanità dei Carabinieri) ha avviato un’indagine a tappeto in tutt’Italia per capire dove sia il confine tra il lecito e l’illecito.
Secondo i dati raccolti da Sant’Egidio, solo il 15% delle strutture esaminate apre le porte ad amici e volontari, il 20% si è organizzato con la stanza degli abbracci mentre meno della metà ha autorizzato le videochiamate, spesso lasciate all’iniziativa dei singoli assistenti. Chiusi in quelle quattro mura, giorno e notte, d’estate e d’inverno: nel 61,18% delle residenze sanitarie, agli anziani ricoverati è proibito ogni tipo di uscita, persino per le visite specialistiche. Non solo: alla maggior parte di loro non viene concessa neppure l’assistenza religiosa, diritto fondamentale negato nel 65% dei casi.
«In Italia le 7.372 strutture sanitarie residenziali socio assistenziali ospitano oltre 350.000 ospiti, anziani e non − spiega il presidente di Orsan Dario Francolino −. Da oltre un anno le Rsa vengono associate, solo ed esclusivamente a focolai, contagi, solitudine e morte. Luoghi dai quali è meglio stare il più̀ possibile lontani. Ed è per questo motivo che da più di un anno gli ospiti delle strutture sanitarie residenziali socio assistenziali italiane sono costretti ad un rigido lockdown, senza poter vedere ed incontrare nessuno dei propri familiari, amici, caregiver e parenti. Un tema particolarmente spinoso che non riguarda solo gli anziani ma più in generale tutta la popolazione fragile, giovane e adulta, con disabilità fisiche e psichiche ricoverata nelle comunità, privata dell’amore e dell’affetto dei propri cari, la medicina più efficace per combattere la solitudine, l’abbandono e la malattia».
La contenzione è una pessima abitudine, un metodo usato più di quanto si immagini. Secondo lo studio del difensore civico Augusto Fierro che risale al 2019, quindi in epoca pre-Covid (realizzato su 430 residenze per anziani su 620), nell’88% delle Rsa pubbliche e private del Piemonte è una prassi bloccare gli anziani alla carrozzina o alla sedia, mentre nel 61% dei casi vengono immobilizzati a letto con le cinghie. La carenza di personale è la giustificazione più diffusa. Ma ci sono regioni come il Friuli in cui la contenzione meccanica è stata abolita. Nel 2020 il ministero della Salute ha istituito una commissione per studiare una via d’uscita e per valorizzare l’assistenza domiciliare, finora senza esito. Solitudine e abusi che con la pandemia hanno raggiunto picchi mai realmente indagati, con anziani abbandonati, disorientati, ai quali viene impedito tutto: di andare dal dentista, dall’oculista, di abbracciare una persona cara. […] ♦ © RIPRODUZIONE RISERVATA
(Il testo integrale dell’inchiesta di Lilli Mandara uscirà sul numero 7 del magazine quindicinale il 15 maggio)