La piazza di chi paga le tasse, vuole il rinnovo dei contratti e un salario minimo dignitoso, la spesa per la salute, per uscire dalla rassegnazione, ribellarsi e difendere la democrazia. Messaggi incisivi con una sola opacità: alla transizione ecologica e alla “rivoluzione” che essa può rappresentare in termini economici e sociali una semplice menzione. Il ritardo dei vertici sindacali e le occasioni sin qui perse per “cambiare lo stato presente della cose” in questo resoconto ragionato su una giornata memorabile


Il resoconto di MASSIMO SCALIA

Era tempo che non si vedeva una manifestazione così imponente, i due cortei che continuano ad arrivare mentre si sta per avviare dal palco la fase conclusiva. Da tutte le parti d’Italia sfilano le delegazioni, con qualche concessione al pittoresco o al d’antan, folte quelle della Funzione pubblica, dei Lavoratori della conoscenza e dei Pensionati. Ci sono anche striscioni “No Ponte”, quello dello Stretto. Mancano Cisl e Uil, ma la manifestazione: “La Via Maestra. Insieme per la Costituzione” è stata indetta da oltre cento associazioni, tra cui le tre principali ambientaliste Legambiente, Wwf e Greenpeace, una cui esponente prende la parola a nome delle altre. Parla don Ciotti per la legalità e la pace tra i consueti applausi di tutti. E abbraccio di Landini con la Schlein sul palco, che sembra un buon auspicio per la manifestazione contro il Governo, che il Pd ha annunciato per l’11 novembre prossimo. 

Con alcuni amici cominciamo ad avviarci mentre sembra che Landini sia arrivato alla fase conclusiva, altri ci rimbrottano perché – sembra di essere tornati ai tempi del centralismo democratico – le conclusioni del segretario bisogna seguirle fino all’ultima parola. E Landini la tira per le lunghe, con molte ripetizioni, annacquando così il messaggio che era incisivo e chiaro sui punti fondamentali: salario minimo, rinnovo dei contratti e tutela del lavoro, spesa per la salute, e, con maggior enfasi, il rivendicare quella piazza come quella di coloro che pagano le tasse, e soprattutto, la parola d’ordine di uscire dalla rassegnazione per difendere la democrazia e ribellarsi. E, a sottolineare questa esigenza, la ripetizione di una frase assonante con quella storicamente di “sinistra” sul compito di “cambiare lo stato presente della cose”.  

Il gesto gentile di interrompere il comizio per consentire i soccorsi a una donna che si è sentita male, ci coglie, con un qualche senso di colpa, mentre siamo ormai già fuori dalla piazza. 

Totale opacità, se non una menzione che non si nega a nessuno, sulla transizione ecologica e sulla “rivoluzione” che essa può rappresentare in termini economici e sociali. Del resto, su questa opacità Landini si mantiene costante fin dai tempi in cui, segretario della Fiom, gli presentammo, oltre 10 anni fa, un progetto di massima su base nazionale per piattaforme eoliche offshore, illustrando i benefici che ne potevano venire ai lavoratori delle industrie elettromeccaniche e al Paese. Ora ci pensa l’Eni con i suoi spot. O quando gli presentammo Giorgio Parisi, allora “soltanto” premio Planck, per lanciare un impegno della Fiom sulle energie rinnovabili, dribblato per timore di acuire il conflitto con la Camusso, allora segretaria della Cgil.

La Camusso, che con Cofferati sfilava nel corteo verso piazza San Giovanni: noti dirigenti sindacali accomunati a Landini in negativo, resistenti alla prospettiva che il new deal “verde”, la transizione energetica, o la si coglie come grande occasione o diventerà una grande partita persa. Non è il 7 ottobre la ricorrenza della Madonna del Rosario, che celebra la vittoria della flotta cristiana contro il Turco nella famosa battaglia di Lepanto (1571)? Speriamo che non ci sia bisogno di un intervento così “guerriero” della madre del Signore contro le “dure cervici” di oggi; e quei centomila in piazza autorizzano la speranza in una “ribellione”, anche contro i macroscopici ritardi e il nocivo conservatorismo dei vertici sindacali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)

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