L’egemonia americana non nasce oggi, e nemmeno solo da Bretton Woods o dalla Nato. È stata pazientemente costruita attraverso l’intelligence, le basi militari, l’export tecnologico, il controllo delle reti digitali e la sorveglianza globale. I servizi segreti Usa non hanno solo difeso l’Occidente: l’hanno anche orientato. E oggi? L’Europa media, spera, rimanda. Ma la geopolitica non premia chi aspetta. Serve una visione autonoma, anche nel campo dell’intelligence, della difesa, della tecnologia. Non per essere contro l’America, ma per non essere soltanto un bersaglio protetto da altri. E mentre si discute, si media, si temporeggia, Trump alza i dazi, chiude accordi bilaterali, riscrive le regole del commercio mondiale con il pennarello e la clava


◆ L’intervento di ALESSIO LATTUCA

L’Europa ha un problema di cuore. Non riesce a dire di no a Trump. Lui la umilia, la deride, la minaccia con dazi e sanzioni… e lei? Gli risponde con comunicati congiunti, cene di Stato e dichiarazioni di “preoccupazione”. Un classico caso di dipendenza affettiva geopolitica. Ma l’amore, si sa, ha origini lontane. Già nel 1944, a Bretton Woods, gli Stati Uniti offrirono la loro “protezione economica” in cambio dell’adozione del dollaro come valuta globale. Un affare. Per loro. L’anno dopo, a Yalta, promisero sicurezza, basi militari, e una Nato che avrebbe garantito la pace. Anche qui: ottima offerta. Sempre per loro. E l’Europa? Ha detto sì. Sempre sì. Dollaro? Sì. Basi Usa? Sì. Spese per la difesa? Poche, tanto ci pensano loro. E così, mentre l’America costruiva un impero a colpi di export e interventi, l’Europa si accomodava nella comfort zone della dipendenza strategica. 

Ora Trump è tornato. E l’amore tossico si fa esplicito. Non offre più protezione: la vende. Non parla più di alleanza: ordina. Non nasconde più l’egemonia: la rivendica. E minaccia, offende Europa, che dovrebbe svegliarsi: posto che non sia più sotto l’ombrello Usa. Infatti, Trump impone dazi, chiede più soldi per la difesa, tratta gli alleati come clienti. Ma il punto è: l’egemonia americana non nasce oggi — e nemmeno solo da Bretton Woods o dalla Nato. È stata pazientemente costruita attraverso l’intelligence, le basi militari, l’export tecnologico, il controllo delle reti digitali e la sorveglianza globale. I servizi segreti Usa non hanno solo difeso l’Occidente: l’hanno anche orientato. Dagli equilibri post-Yalta alla penetrazione nelle economie europee, fino all’influenza strategica nella sicurezza e nei dati: Washington ha sempre saputo prima, visto più lontano, deciso più in fretta. 

E oggi? L’Europa media, spera, rimanda. Ma la geopolitica non premia chi aspetta. Serve una visione autonoma, anche nel campo dell’intelligence, della difesa, della tecnologia. Non per essere contro l’America, ma per non essere soltanto un bersaglio protetto da altri. Nel frattempo, l’Europa cincischia con progetti tanto ambiziosi quanto improbabili: “ReArm Europe”, cooperazione strutturata permanente (Pesco), fondi comuni per l’industria bellica, piuttosto che impegnarsi sulla eliminazione del voto all’unanimità, indispensabile premessa per la costruzione della politica. Giacché ogni decisione richiede l’unanimità di 27 Stati. E mentre si discute, si media, si temporeggia, Trump alza i dazi, chiude accordi bilaterali, riscrive le regole del commercio mondiale con il pennarello e la clava. 

La premier italiana Giorgia Meloni alla corte dell’imperatore americano Donald Trump nella sua residenza dorata di Mar-a-Lago

Intanto, Pechino compra, Mosca minaccia, l’India avanza, e l’America fa i conti solo con chi ha peso. Mentre  l’Europa aspetta che qualcuno le dica cosa fare. Nonostante la realtà sia chiara: il mondo non aspetta chi temporeggia. La geopolitica non premia i neutrali per abitudine. Serve una voce europea autonoma, forte, pragmatica. Non per essere contro qualcuno, ma per esistere come soggetto, non oggetto. Perché l’Alleanza atlantica ha senso solo se l’Europa ha una propria visione strategica. Altrimenti, resteremo solo spettatori a pagamento in uno scontro tra imperi — senza nemmeno il telecomando. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi senza pubblicità. Aiutaci a restare liberi

Dona ora su Pay Pal

IBAN

È presidente di Confimpresa Euromed, amministratore delegato Confidi per l’impresa e direttore generale Cofidi Scrl. Imprenditore agrigentino, si batte da anni contro il rigassificatore di Porto Empedocle (sua città natale), che definisce un “progetto folle”, a pochi passi dalla Valle dei Templi, a ridosso della casa di Luigi Pirandello in contrada Kaos.

Exit mobile version