Approdato alla guida della Regione Siciliana, l’ex presidente del Senato ha avviato l’iter di riforma della Commissione tecnica specialistica (Cts) per le autorizzazioni ambientali di competenza regionale. «Abbiamo evidenziato le criticità di una struttura che va rivisitata, anzi rivoluzionata», sostiene Schifani, parlando di «rimuovere gli ostacoli» e di «un’ottica di semplificazione». Sotto tiro la gestione appena conclusa della Cts, con le dimissioni di fine mandato di chi l’aveva guidata. Ma davvero la Cts ha fatto così male? Dai report della Cassa depositi e prestiti i risultati sono stati, invece, brillanti; altro che ostacoli frapposti allo sviluppo: nel 2021 la Sicilia è balzata al secondo posto come Regione virtuosa nell’eolico per capacità installata, e nei primi mesi del 2022 ha aumentato del 300% le autorizzazioni. Ma qualcosa in effetti la Cts ha arginato: i procedimenti irregolari, compresi quelli che non rispettano le norme sulla sicurezza del lavoro e sulla tutela della salute
L’articolo di MASSIMO SCALIA
SCHIFANI È UNO col riporto. Mirabolante. E, a forza di riportare, è divenuto presidente della Regione Siciliana. Non da molto, ma ha già cominciato a esercitare le sue simpatie per quel sistema collusivo che, ahimè, caratterizza parte non minore dell’economia e dell’imprenditoria siciliana. Ed eccolo all’attacco dell’ex presidente della Commissione tecnico-specialistica (CTS), che si è dimesso a fine mandato il 31 dicembre scorso. Perché attaccarlo, allora, come sta succedendo in queste ultime settimane? È per far capire agli “amici” che quella è stata un’infelice parentesi e rassicurare le imprese che ritorna in auge il “sistema Montante”, l’ex presidente della Confindustria siciliana, benedetto peraltro anche dal perspicuo presidente di quella nazionale, Carlo Bonomi.
Ma la mente sopraffina di Bonomi non ha potuto usufruire, impegnato com’è con la sua fabbrichetta di biomedicali, degli insegnamenti e degli esempi di cui si è nutrito l’attuale presidente della Regione Siciliana. Schifani, infatti, faceva parte del giro Berlusconi-Dell’Utri, anche se, con quel riporto, era ovviamente deputato a cose minori. E il vassallaggio ha avuto peraltro a suo tempo il premio della seconda carica dello Stato. Però ne ha imparate di cose!
Alcune delle migliori menti della “vera sinistra” sono oggi impegnate a discettare sulla sentenza che ha mandato assolto Berlusca per le sue “cene eleganti”, affascinati dal merito giudiziario e meno sensibili al fatto che il vero “reato” storico di Berlusconi è stato dare una spinta – ce ne fosse stato il bisogno! – alla dissoluzione della morale pubblica di questo Paese. Questo, il centrare qual è il vero punto di crisi e predisporre efficaci risposte, sembra essere un atteggiamento ricorrente nella “vera sinistra”. Ricorda quello analogo – e qui si parla di mafia – di due importanti servitori dello Stato, ai più alti livelli, che, a colpi di telefonate tra di loro, si erano convinti che esisteva la via giudiziaria per liquidare Andreotti dopo l’omicidio di Salvo Lima. Infatti. Già, a proposito di Cosa nostra, quell’enorme borsa piena di soldi che, inaugurando le prime scene de “Il caimano”, cala giù dal soffitto, non sarà stata quella dei soldi della mafia, come Nanni Moretti sembra alludere malevolmente nel suo film. Infatti, era il povero Berlusca a dover sganciare il pizzo: «A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi», afferma Totò Riina.
E Mangano, lo stalliere di villa San Martino – in realtà la villa della famiglia Casati, estorta con i buoni auspici dell’avvocato Previti (chi era costui?) alla sperduta erede dopo la tragedia familiare – non sarà stato quel “padrino”, che i soliti detrattori sostengono essere stato colà indirizzato per avere un controllo diretto sui movimenti del futuro Capo del Governo. Infatti, le cronache non menzionano cavalli morti e insanguinati fatti trovare in qualche letto. Ma non sarebbe poi mai accaduto, perché a regolare i rapporti con Cosa Nostra c’era quel collezionista di libri antichi di Dell’Utri – «Riina considerava Marcello Dell’Utri una persona seria che ha mantenuto la parola data», osserva il Pm Del Bene sulla base di un’intercettazione in galera del boss dei boss –, ormai passato in giudicato per concorso esterno. Come Antonio D’Alì, sottosegretario agli Interni di un Governo Berlusconi, mentre per Nicola Cosentino, anche lui sottosegretario, però alle Finanze, di un Governo Berlusconi, si è in attesa della sentenza della Cassazione dopo la condanna in appello a dieci anni di carcere per lo stesso reato.
Insomma, Schifani ha potuto giovarsi di maestri di prim’ordine e di un milieu culturale dei più significativi. Però il riporto pesa, e lui è solo in grado di esercitare il suo potere al livello più meschino, quello del cercare di buttare fango e menzogne su chi si è permesso di dare fastidio agli “amici”. Falso che l’azione della CTS abbia rallentato la dinamica imprenditoriale siciliana, se non i procedimenti irregolari, indifferenti al rispetto delle norme, anche quelle di sicurezza del lavoro e tutela della salute. Infatti, con 2010 MW di eolico nel 2021 la Sicilia si è piazzata al secondo posto in Italia per capacità installata e «con un buon andamento del regime autorizzativo», più del 300% di autorizzazioni nei primi nove mesi del 2022, hanno detto i tecnici della Cassa Depositi e Prestiti in un recentissimo studio. Confermando un andamento dal 2020, primo anno dei lavori della CTS, che era già stato rilevato nel Rapporto “R.E.gions 2030”, dove si legge, inoltre, che la Sicilia è la prima regione in Italia per numero assoluto di autorizzazioni (“Il Giornale di Sicilia”, 17 genn. 2023). Dunque, Schifani, che ha buttato fango sulla CTS e sul suo presidente durante la recente campagna elettorale, e che sta continuando, mente sapendo di mentire.
Vabbè, ma perché prendersela con un ominicchio con riporto? Beh, perché in realtà tanto ominicchio non sembrerebbe. Almeno stando alla valutazione di uno che se ne intende. Renato Schifani«è una mente», per Totò Riina, intercettato il 10 giugno del 2008 nella sala colloqui del carcere di Opera, dove sta incontrando la moglie, Ninetta Bagarella, la figlia Lucia e sua sorella Arcangela Riina. Il “capo dei capi” è recluso nel regime di massimo isolamento previsto dall’articolo 41 bis, ma sa perfettamente di essere intercettato e video registrato. Il colloquio avviene a valle della vittoria di Berlusconi alle elezioni del 2008 e della nomina di Schifani a Presidente del Senato il 29 aprile del 2008. La trascrizione della registrazione, condita di apprezzamenti di “Toto o’ curto” sulle ciliegie e sul vino di Chiusa Sclafani, il paese di nascita di Renato Schifani, viene riportata da “Il Fatto Quotidiano” (10 maggio 2013), che ricorda anche come Riina avesse mostrato in passato scarsa stima per Berlusconi, al contrario che per l’uomo col riporto.
Certo, non c’era luogo a procedere – come si dice – per i magistrati che indagavano su Schifani per concorso esterno, però l’“apprezzamento” di Riina resta e il presidente della Regione Siciliana si dà da fare per meritarlo. Quanto al giornalismo d’inchiesta (chi era costui?), soprattutto su Cosa Nostra e connessi, resta confinato in pochi luoghi, a poche voci. E nonostante i ripetuti appelli del Presidente Mattarella a non diventare indifferenti sembra talvolta che, con espressione biblica, “le acque si sono richiuse sopra di noi”. Lasciando, quando si ritirano, il fango. © RIPRODUZIONE RISERVATA