La vittoria di Donald Trump, e il suo ritorno – a 78 anni – alla Casa Bianca ha destato in molti sorpresa, per altrettanti preoccupazione, per altri ancora entusiasmo. Matteo Salvini si è subito accreditato come l’unico leader politico italiano che non ha mai “tradito” l’ex-presidente degli Stati Uniti, che era stato sconfitto alla precedente tornata da Joe Biden. Giorgia Meloni, che da Biden si è fatta baciare in testa, dovrà già fare qualche piccolo sforzo in più. Ma c’è un “fan” di Trump, già ministro della Cultura, da qualche settimana in silenzio, che è tornato sul palcoscenico dei commentatori: Gennaro Sangiuliano. Rompendo quel silenzio che si era dato dopo essere stato ridotto a macchietta. «Trump ha fatto un inno al buon senso che sarà l’elemento regolatore della sua presidenza» è l’analisi politica di Sangiuliano, che ha preannunciato di rimettere mano alla sua biografia di Trump, in attesa – quando sarà riabilitato il dittatore di Mosca – di ripubblicare quella su Putin
◆ Il corsivo di MAURIZIO MENICUCCI
► Siccome al peggio non c’è mai limite, il 6 novembre, oltre alla vittoria del peggior lestofante & imbecille che ci si potesse augurare a capo della massima potenza mondiale – le due cose possono benissimo andare insieme, se chi lo ha votato, o ha incitato a votarlo, condivide una o l’altra di queste caratteristiche – abbiamo dovuto subire un’altro schiaffone al buonsenso e al buongusto. Il ritorno in video di Gennaro Sangiuliano, l’intellettuale meloniano al quale avevamo augurato con tutto il cuore un’opportuna e inoperosa quarantena nelle accoglienti stanze della tv di Stato, come peraltro accade a centinaia di giornalisti, che lo fanno per scelta e non per penitenza.
Noi avremmo molto da ridire, ma in fondo chi siamo, per chiedere di prolungare il dolore del silenzio a un simile ‘maitre a penser’ della cultura di destra prossimamente egemone? Infatti, stufo dell’eclisse mediatica, Sangiuliano s’è anzitempo riacconciato al vecchio ruolo di esperto di politica internazionale, per commentare le elezioni americane. Dei suoi pareri, anche fossero stati, per una volta, memorabili, non rammentiamo nulla, tranne la partecipazione appassionata, ma un po’ pelosa, con cui insisteva sulla resurrezione di Trump dopo le condanne e le responsabilità nell’assalto a Capitol Hill. Se non abbiamo dato retta alla sostanza, ce ne scusiamo: la sorpresa di trovarlo lì è stata più forte di qualsiasi contenuto. Senza una piega nell’ampia fronte miracolosamente monda dalle cicatrici della burrascosa esperienza di ministro, quindi di nuovo aggrottabile per eventuali concetti, sembrava come fosse appena ritornato da una lunga vacanza, e non, invece, reduce da una delle vicende più indecorose della storia politica italiana.
Le risposte non mancano. Potrebbe darsi che qualcuno, conoscendo il carattere e le debolezze dell’uomo, abbia voluto affrettare i tempi del suo riciclaggio al solo scopo di farlo seppellire definitivamente dalle risate. E, in tal caso, Gennaro Sangiuliano merita davvero una lacrima, perché, nonostante la sua ventennale esperienza in Rai, probabilmente ha trascurato di guardarsi alle spalle. Oppure, al contrario, da oggi, riprenderemo a vederlo come esperto di politica internazionale, sperando che si limiti a quello e non pretenda di guidarci a visitare Londra e New York. E in questo caso è chiaro che nei palazzi del nuovo potere nessuno si preoccupa dell’opinione pubblica. Per loro, non esistiamo. E se avessero ragione? © RIPRODUZIONE RISERVATA