Il presidente del più antico e prestigioso Ateneo americano, Alan M. Garber, risponde con una forza politica e intellettuale straordinaria all’attacco della Casa Bianca. È un vero e proprio manifesto di autonomia e indipendenza della Cultura e dell’Università da ogni potere e forma di controllo, nonché il più potente atto di Resistenza al trumpismo fino a oggi


Riceviamo da una nostra lettrice e pubblichiamo

In queste ore il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha letteralmente dichiarato guerra ad Harvard (e alle principali università americane) definendola ancora poco fa su Truth «una barzelletta che insegna odio e stupidità» e minacciando di tagliare 2,2 miliardi di dollari di sovvenzioni pluriennali (oltre a una serie di esenzioni fiscali) per punirla delle manifestazioni pro Palestina dei suoi studenti e delle sue politiche di diversità, equità e inclusione. Un vero e proprio attacco frontale finale alla Cultura e al Sapere e al suo simbolo mondiale, nel solito tripudio di orde di analfascisti. 

Alan Michael Garber è un medico ed economista sanitario americano che attualmente ricopre la carica di 31esimo presidente dell’Università di Harvard nel Massachusset dal 2 gennaio 2024. Il prossimo 7 maggio compie settanta anni

Ma Harvard non solo non si è piegata. Anzi, attraverso la lettera pubblica del suo Presidente, Alan M. Garber, ha dato a Trump una risposta di una forza politica e intellettuale straordinaria e un vero e proprio manifesto di autonomia e indipendenza della Cultura e dell’Università da ogni potere e forma di controllo, nonché il più potente atto di Resistenza al trumpismo dall’insediamento a oggi. Eccola.

▷▷ «Cari membri della comunità di Harvard,

«Per tre quarti di secolo, il governo federale ha assegnato sovvenzioni e contratti ad Harvard e ad altre università per contribuire a finanziare (…) innovazioni rivoluzionarie in una vasta gamma di campi medici, ingegneristici e scientifici. Queste innovazioni hanno reso innumerevoli persone nel nostro Paese e in tutto il mondo più sane e sicure.

Nuove frontiere ci attendono con la prospettiva di progressi che cambieranno la vita: dai trattamenti per malattie come l’Alzheimer, il Parkinson e il diabete alle innovazioni nell’intelligenza artificiale, nella scienza e nell’ingegneria quantistica, e in numerose altre aree. Se il governo si ritirasse, metterebbe a rischio non solo la salute e il benessere di milioni di persone, ma anche la sicurezza economica e la vitalità della nostra nazione. 

L’intenzione del governo non è quella di collaborare con noi per affrontare l’antisemitismo in modo cooperativo e costruttivo ma di imporre “condizioni intellettuali” senza precedenti per controllare la comunità di Harvard, tra cui “verificare” le posizioni del nostro corpo studentesco, docente, personale e di “ridurre il potere” di alcuni studenti, docenti e amministratori presi di mira a causa delle loro opinioni.

Abbiamo informato l’amministrazione che non accetteremo l’accordo proposto. L’Università non rinuncerà alla propria indipendenza né rinuncerà ai propri diritti costituzionali. 

La prescrizione dell’amministrazione va oltre il potere del governo federale. Viola i diritti di Harvard sanciti dal Primo Emendamento e supera i limiti statutari dell’autorità governativa ai sensi del Titolo VI. E minaccia i nostri valori come istituzione privata dedita alla ricerca, alla produzione e alla diffusione della conoscenza. 

Nessun governo, a prescindere dal partito al potere, dovrebbe dettare cosa le università private possano insegnare, chi possano ammettere e assumere e quali aree di studio e ricerca possano perseguire (…)

Mentre difendiamo Harvard, continueremo a coltivare una fiorente cultura di ricerca aperta nel nostro campus; sviluppare gli strumenti, le competenze e le pratiche necessarie per interagire costruttivamente gli uni con gli altri; ampliare la diversità intellettuale e di punti di vista all’interno della nostra comunità; affermare i diritti e le responsabilità che condividiamo; rispettare la libertà di parola e il dissenso, garantendo al contempo che la protesta avvenga in un momento, luogo e modo che non interferisca con l’insegnamento, l’apprendimento e la ricerca; migliorare la coerenza e l’equità dei processi disciplinari; e lavorare insieme per trovare modi, nel rispetto della legge, per promuovere e sostenere una comunità vivace che esemplifichi, rispetti e accolga le differenze. Nel farlo, continueremo anche a rispettare la sentenza Students For Fair Admissions contro Harvard, che ha stabilito che il Titolo VI del Civil Rights Act rende illegale per le università prendere decisioni ‘sulla base della razza’.

Questi obiettivi non saranno raggiunti con affermazioni di potere, svincolate dalla legge, che controllano l’insegnamento e l’apprendimento ad Harvard e dettano il nostro modo di operare. Il compito di affrontare le nostre carenze, onorare i nostri impegni e incarnare i nostri valori spetta a noi, che dobbiamo definire e intraprendere come comunità. La libertà di pensiero e di ricerca, insieme al costante impegno del governo nel rispettarla e proteggerla, ha permesso alle università di contribuire in modo fondamentale a una società libera e a vite più sane e prospere per le persone di tutto il mondo».

Cordiali saluti, Alan M. Garber.

Immenso. — (l.s. Torino)  

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