FAHRAD KHOSROKVAN È uno dei più apprezzati sociologi della politica in Francia. Iraniano, direttore a l’“Ercole des hautes études en sciences sociales” (Ehess) ha publicato diversi studi sulla società iraniana, l’islamismo politico, i movimenti sociali del suo paese. In un articolo pubblicato su Liberation fa il punto sulla situazione iraniana e commenta l’ascesa dei movimenti di contestazione.
Khosrokvan individua tre passaggi focali. Il primo è l’insorgere della protesta dopo l’assassinio di una giovane kurda da parte della polizia perché non portava il velo nel modo corretto. Una protesta spontanea segnata dall’indignazione e dalla mancanza di libertà. Il secondo: al movimento di protesta si sono uniti diversi settori della società, gli studenti, i loro padri, il sindacato, associazioni culturali, le università, protagonisti nel passato di lotte per l’indipendenza del paese, problemi sociali, libertà. Dalla morte di Mahsa Amini è nato un vero movimento sociale con la parola d’ordine “donna, vita, libertà” che ha progressivamente unito alla protesta rivendicazioni politiche: la struttura e il funzionamento della Repubblica islamica, il rapporto tra religione e politica, le repressione delle libertà.
Per Khosnovan siamo al punto di non ritorno. Le rivendicazioni toccano lo stesso stato, la costituzione, il sistema di potere. È uno scontro politico che richiede un cambiamento rivoluzionario. La durissima repressione è l’unica risposta. Le posizioni sono inconciliabili. È possibile una rivoluzione? Sono molti i fattori in gioco. Solo il prossimo futuro ci darà la risposta. — (rassegna stampa a cura di Toni Ferigo) © RIPRODUZIONE RISERVATA