Irrigazione puntuale in ortofrutticoltura; sotto il titolo, dammuso di Pantelleria e coltivazione della vite ad alberello; qui in basso, un gigantesco “pivot” per l’irrigazione di un campo di patate

Ogni 100 litri d’acqua utilizzati a livello globale dall’uomo, 70 litri sono destinati all’agricoltura. In altri termini, in Italia il settore agricolo consuma 16 miliardi di metri cubi d’acqua. Il 40% del consumo idrico nazionale. Occorre fare i conti con questa domanda d’acqua e con i cambiamenti climatici che alternano periodi prolungati di siccità a inondazioni catastrofiche, come va ripetendosi sempre più spesso lungo l’asta del Po in Emilia Romagna. Di grande aiuto tutte le tecniche di deficit idrico controllato che consentono risparmi enormi quando l’acqua manca. Ma non si devono dimenticare gli insegnamenti legati alla scelta del sito, delle varietà, dei portainnesti, delle forme di allevamento, della gestione del suolo


◆ L’analisi di PAOLO INGLESE

Le statistiche raccontano che 70 di ogni 100 litri di acqua utilizzati dall’uomo, a livello globale, sono destinati all’agricoltura. In Italia, il settore agricolo consuma annualmente circa 16 miliardi di metri cubi d’acqua, il 40% del consumo idrico totale nazionale. Negli ultimi anni, in diverse occasioni e nei luoghi più disparati, dalle Langhe alla Sicilia, la carenza di pioggia ha procurato enormi danni a tante delle più importanti filiere agricole nazionali. La scorsa annata, al Sud è stato un vero e proprio inferno. Quello che è successo è tanto inedito quanto grave. Non ci sono state piogge in inverno, da novembre ad aprile, con il risultato che la produzione del grano è crollata e tutte le specie, anche quelle da frutto, hanno subito danni enormi. 

Quando io ero un giovane studente di Agraria, a Palermo, a cavallo tra gli anni 70/80, esisteva ancora l’arboricoltura asciutta; di fatto, tutte le specie, tranne gli agrumi erano allevate in asciutto. Irrigare olivo e vite era una bestemmia. Il mito era Israele e la sua capacità, come si diceva allora, di trasformare il deserto in un giardino. Oggi, esistono prove sperimentali per irrigare il grano duro e nessuno immagina di poter piantare un frutteto o un vigneto senza risorse idriche. Nel nord Italia si è arrivati a irrigare la vite e il fabbisogno estivo dei frutteti è cresciuto esponenzialmente, nel tempo. È il costo della frutticoltura intensiva e oggi è quello dell’olivicoltura intensiva, entrambi impossibili senz’acqua. 

Un drone utilizzato nella coltivazione di un frutteto

In tutto questo tempo siamo diventati sempre più bravi a ottimizzarne l’uso, con sistemi di misurazione del fabbisogno e di distribuzione dell’acqua sempre più raffinati e precisi. Ma non basta. In verità, a volte si cerca di fare quadrare il cerchio, inutilmente. Cosa voglio dire? Se si pensa di programmare sistemi agricoli ovunque, senza alcuna idea di vocazionalità ambientale, se i costitutori delle nuove varietà lavorano avendo come obiettivo la produttività, se i portinnesti sono sempre più deboli e sempre meno “rustici”, se il numero di piante per ettaro aumenta, potremo pure diventare precisissimi, avere i più straordinari sensori che il mercato ci mette a disposizione, ma la verità è che è il progetto di frutteto, fin dalla sua costituzione genetica, ad essere energivoro e idrovoro. Se poi, vogliamo frutta perfetta, turgida, luminosa, priva di difetti, sarà ancora una volta l’acqua a diventare il fattore critico. Quanto ci costa questa bellezza estetica? Siamo sicuri che chi vive in città, abituato ad aprire un rubinetto e vedere scorrere l’acqua, sarà sempre disposto a consentire questa continua crescita di consumi in campagna?

Vite ad alberello di Pantelleria, patrimonio Unesco: eccellente esempio secolare di aridocoltura

Nei miei anni di studente di Agraria, ricordo di aver studiato, con buon profitto, una stupenda materia che era considerata importante, seppur opzionale; si chiamava Principi e tecniche di aridocoltura. Quello che imparavamo erano tecniche secolari di gestione del suolo, della pianta e dell’acqua delle quali pensammo, ingenuamente, di esserci liberati, quando la rivoluzione idrica portò l’acqua nelle campagne, quasi ovunque. Un errore grave. Oggi, il problema va affrontato non certo ricorrendo all’antico, come immagina chi crede che la soluzione sia nel recupero delle cultivar tradizionali, come sono, ad esempio, i “grani antichi”, ma neanche pensando che l’agricoltura smart, i droni, le mappe termiche, i sensori dell’ultima o della prossima generazione ci daranno la soluzione ad ogni problema. Ancora una volta, la risposta è soprattutto nella migliore agronomia, nella profonda conoscenza delle relazioni tra pianta o sistema produttivo e risorsa idrica.

In effetti, tutte le tecniche di deficit idrico controllato consentono risparmi enormi, ma non si devono dimenticare gli insegnamenti legati alla scelta del sito, delle varietà, dei portinnesti, delle forme di allevamento, della gestione del suolo. Basta andare nelle isole, come Pantelleria o Lanzarote, per comprendere il perché della scelta di forme come l’alberello, patrimonio Unesco, o delle conche intorno alla pianta, di tutte quelle scelte che limitano la perdita di acqua dalla pianta e dal suolo, che devono continuare ad accompagnare sia la scelta del metodo irriguo, sia quella del momento e della quantità di acqua da distribuire. In altre parole, non occorre aspettare l’emergenza per diventare attenti; al contrario, l’acqua si usa con attenzione proprio quando la si ha disponibile. Conoscenza e innovazione devono procedere insieme, altrimenti facciamo come quelli che amano le vetture che “bevono” tanto, ma poi mettono l’impianto a gas perché consumano troppa benzina, oppure sono costretti a camminare a 30 km orari! © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ordinario di Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree nell’Università degli Studi di Palermo dal 2000, della quale è stato pro-Rettore e Direttore del Sistema Museale che include l’Orto Botanico. Specializzato in “Irrigation & water management “ al Volcani Center (Israele) nel 1987, è tra i fondatori, nel 1993, della rete internazionale di cooperazione scientifica e tecnica – Cactusnet – della Fao, che ha diretto per oltre 10 anni. Presidente della società di Ortoflorofrutticoltura Italiana dal 2007 al 2013, è laureato Honoris causa all’Università di Santiago del Estero (Argentina) per il suo contributo allo sviluppo della coltura del ficodindia nel mondo.

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