Sulle pareti del liceo classico edificato nel quartiere Prati una lunga teoria di sentenze mussoliniane – selezionate dal preside di allora Monti Buzzetti – scritte su tutte le pareti, dall’atrio alle aule dell’ultimo piano, intendeva creare «intorno alla nostra gioventù un’atmosfera di fervore e bellezza». Ma per i cosiddetti “ragazzi di Mussolini”, «più il fascismo li imbottiva di chiacchiere, più aumentavano i loro dubbi», scriveva Oreste Mosca. Quarant’anni dopo, il 20 marzo 1968, “di fronte ai movimenti studenteschi e all’occupazione dell’Istituto”, il professor Giuliano Manacorda si esprimeva così: «La questione non riguarda solo il Mamiani, ma il nostro tempo, in Italia e in Europa… I fatti accaduti sono da interpretarsi positivamente come espressione della vitalità giovanile di ragazzi normalissimi. D’altra parte nessuna punizione è sufficiente o risponde allo spirito del tempo». Nel Liceo hanno studiato il premio Nobel per la fisica Emilio Segre, il premio Oscar Nicola Piovani, il filosofo Guido Calogero, il matematico Lucio Lombardo Radice, gli scrittori Emilio Lussu, Melania Mazzucco, Dacia Maraini. E poi giornalisti e politici, da Mario Pannunzio ad Eugenio Scalfari ad Antonello Trombadori al padre dell’Europa unita Altiero Spinelli

Sotto il titolo e qui in alto, generazioni diverse di  ex studenti del Mamiani si ritrovano in Viale delle Milizie per festeggiare i primi cento anni del Liceo

◆ Il racconto di CESARE A. PROTETTÌ

Lo storico liceo classico Terenzio Mamiani – che il regime voleva “fastiscissimo” e che nel Sessantotto è stato culla della contestazione studentesca – ha festeggiato i cento anni dalla sua inaugurazione nella sede di viale delle Milizie a Roma aprendosi alla cittadinanza. Il 18 maggio scorso il cortile antistante al magniloquente ingresso, nello stile detto “barocchetto romano”, era pieno di ex alunni e ex alunne, con i capelli grigi o decisamente bianchi, venuti per respirare un’aria antica e familiare, ancora ricca di suggestioni e di ricordi di una realtà che è stata uno dei motori del radicale mutamento della scuola in Italia, contribuendo non poco a cambiare tutto il resto, dai costumi ai rapporti generazionali.

Parata di gerarchi fascisti davanti al Regio Liceo Terenzio Mamiani (credit Istituto Luce)

La nuova vita del Liceo edificato nel quartiere Prati era coincisa con l’avvento del Fascismo e con il varo della Riforma Gentile. Questa fase è stata raccontata in un vecchio album fotografico rinvenuto in biblioteca che è intitolato Il fascistissimo Regio Liceo Terenzio Mamiani. La raccontano anche le immagini di una lunga teoria di sentenze mussoliniane – selezionate dal preside di allora Monti Buzzetti – scritte su tutte le pareti, dall’atrio alle aule dell’ultimo piano, «creando intorno alla nostra gioventù – scriveva Monti Buzzetti – un’atmosfera di fervore e bellezza». Ma per i cosiddetti “ragazzi di Mussolini”, «più il fascismo li imbottiva di chiacchiere, più aumentavano il loro dubbi», scriveva Oreste Mosca. Dubbi che l’ex mamianista Maurizio Giglio, una delle vittime delle Fosse Ardeatine, esprimeva in una lettera ai genitori dell’ottobre 1943. Era tenente di Fanteria, combattente contro i tedeschi a Porta San Paolo. Catturato dalla banda Koch nel marzo 1944 e sottoposto a otto giorni di torture di “indicibile ferocia” riuscì a non rivelare dove fosse il nascondiglio di Sandro Pertini.

In questa scuola si formava «la generazione che eredita la vocazione alla modernità, in un quartiere che era piemontese per progetto, parigino per impianto, laico fino all’esclusione della vista della vicina basilica di San Pietro sia dalle strade circostanti, sia dalla terrazza del liceo». Nei tardi anni Sessanta, quelli raccontati in “Rosso di lusso” (un saggio di Paola Ghione e Mauro Morbidelli) erano studenti di questo liceo Rocco e Antonia, i personaggi protagonisti di Porci con le ali. Il diario sessuo-politico di due adolescenti, scritto da Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice e pubblicato nel 1976. Un romanzo che fece scandalo. Era un ginnasiale del Mamiani anche Stefano Poscia, alla guida della prima occupazione dell’istituto (15-16 marzo 1968) definito dal New York Times “the little Lenin of Mamiani. Anni dopo con Stefano (morto troppo giovane, nell’ottobre del 2010) saremmo stati colleghi all’Ansa, ma senza mai incontrarci visto che lui aveva scelto la strada del corrispondente dall’estero, prima a Beirut e poi a capo della redazione America Latina.

Occupazione del Mamiani il 15 e 16 marzo 1968

Un libro pubblicato di recente in occasione del centenario del Mamiani, curato da Gianfranca Privitera e Marisa Scognamiglio, ex studentesse e poi docenti del Liceo di viale delle Milizie, riporta, dagli archivi, il lunghissimo verbale (12 pagine) di un acceso Collegio dei Docenti del 20 marzo 1968 con all’ordine del giorno “Provvedimenti di fronte ai movimenti studenteschi e all’occupazione dell’Istituto”. Varie le posizioni verbalizzate, ma spicca quella del prof. Giuliano Manacorda: «La questione non riguarda solo il Mamiani, ma il nostro tempo, in Italia e in Europa… La situazione del Mamiani si chiarirà e diverrà normale nei prossimi giorni… I fatti accaduti sono da interpretarsi positivamente come espressione della vitalità giovanile di ragazzi normalissimi. D’altra parte nessuna punizione è sufficiente o risponde allo spirito del tempo». Ma, a quanto pare, la posizione di Manacorda rimase minoritaria, perché Stefano Poscia fu allontanato dalla scuola per un anno.

Era ginnasiale al Mamiani (ma poi cambiò scuola) anche il brigatista Pietro Vanzi, nome di battaglia “Daniele”, che negli anni di piombo sparò al generale dei carabinieri Galvaligi, rapì il giudice D’Urso, sequestrò il generale Dozier. Fu arrestato a Roma nel giugno del 1983. Gli diedero l’ergastolo. Vanzi prese parte a tutti i processi che coinvolsero le Brigate Rosse, sedendo nel settore degli “irriducibili”. E in molti casi, fu prescelto dai compagni di prigionia come portavoce del gruppo. Negli anni di piombo i fiancheggiatori delle Br al Mamiani erano una cinquantina su oltre mille allievi. «Facevano paura… ma qui dentro erano costretti a essere democratici» disse il presidente dell’epoca, Attilio Marinari, in una intervista del settembre 2019 a Lilli Garrone, del “Corriere della Sera”. 

L’ingresso del museo Lombardo Radice in un’ala del Mamiani (foto Cesare Protettì)

Nel Liceo hanno insegnato tra gli altri lo scrittore Alfredo Panzini, padre Mariano (quello di “Pace e bene a tutti” in tv) e hanno studiato il premio Nobel per la fisica Emilio Segre (1905-1989), il premio Oscar Nicola Piovani, il filosofo Guido Calogero, il matematico Lucio Lombardo Radice, gli scrittori Emilio Lussu, Melania Mazzucco, Paolo di Paolo e Dacia Maraini, che compare in una delle foto di classe, sullo sfondo dello scenografico ingresso del Mamiani. Senza dimenticare Achille Campanile: i suoi ricordi di scuola sono stati raccolti dal figlio nel sito dedicato al padre. Qui al Mamiani hanno studiato anche i giornalisti Mario Pannunzio, Eugenio Scalfari, Pierluigi Battista, Marino Sinibaldi, Marcello Masi, Eugenio De Paoli, Ivana Vaccari, Stefano Folli, Laura Delli Colli e molti altri. Nella sezione C, tra i miei compagni di classe, c’era Daniela Brancati, che nel 1991 sarebbe diventata  la prima donna in Italia a dirigere un telegiornale nazionale (il VM Giornale, dell’emittente privata Videomusic) per poi entrare in Rai nel 1994 come direttrice del Tg3.

Importanti uomini politici sono usciti dalle aule del Mamiani, a cominciare (nella prima sede di Palazzo Sira-Savelli a corso Vittorio) da uno dei padri dell’Europa unita, Altiero Spinelli. E poi Antonello Trombadori, Matteo Orfini, Roberto Della Seta, politico e ambientalista. Tra i ragazzi che frequentavano il Mamiani alla fine degli anni 60 c’era anche Gianni Borgna, critico musicale, saggista, accademico, politico e assessore alla Cultura a Roma tra il 1993 e il 2006. Proprio Borgna sarà lo studioso del valore culturale della musica leggera. Tra i pionieri dell’emittenza televisiva locale è stato Michele Plàstino. Efficace divulgatore in tv del mondo dell’arte è oggi il prof. Costantino D’Orazio.

Significativamente il titolo dell’intervista di Lilli Garrone era Liceo Mamiani, generazione red carpet. E davvero i mamianisti assurti alla notorietà grazie al cinema e alla televisione sono stati parecchi: oltre a Nicola Piovani, premio Oscar per le musiche di La Vita è bella, i Muccino (Gabriele e Silvio), il regista Matteo Rovere, Edoardo Pesce, Giulia Michelini, Michelangelo Tommaso, tutti della sezione D, soprannominata dai docenti “Saranno famosi”. Una piccola generazione di attori e cineasti, tutti nati nei primi anni ’80, che stava cambiando la storia del cinema italiano. Ma prima ancora, molti anni prima, c’era stata Anna Proclemer: «Grandissima attrice fin da ragazza: sveniva ad ogni interrogazione!», diceva di lei con affettuosa ironia la sua professoressa di matematica Clara Belli Meloni. La tradizione teatrale fa parte della vita del liceo: il libro di Privitera e Scognamiglio ricorda che il professore di matematica Pietro Pagani, uomo imprevedibile e geniale, scrisse due drammi gialli: Nevrosi coatta e Pròtesi. Chiamò a interpretarli i suoi ragazzi della sezione C e fu un successo sia al teatro Quirino sia all’Eliseo. Nel cinema il Mamiani è stato il set di numerosissimi film. In due film è stato parte integrante della storia: Terza Liceo (1954) di Luciano Emmer e Profondo Rosso (1975) di Dario Argento. 

L’atrio del Mamiani con la mostra di mineralogia (foto di Cesare Protettì)

Tornando ai giorni nostri il  “cartellone” delle iniziative per il centenario, curate con entusiasmo da studenti e professori, è stato molto ricco: una esposizione fotografica nel corridoio del primo piano, testimonianze audio e video sulla storia dell’istituto, podcast e reading di brani greci e latini, la presentazione della collezione di mineralogia, una esposizione di lavori ispirati alla street art, l’esibizione dei cori del Mamiani (junior e senior) con scenografie e coreografie, un tour del giardino tra storia e leggenda, un concertino jazz nell’atrio. Ma la maggior parte di noi “matusa”, come chiamavamo da giovani gli over ’50, è stata interessata al percorso “il Mamiani segreto”, luoghi del nostro liceo solitamente chiusi come il corridoio bunker, l’aula Anfosso, il laboratorio di fisica, il museo della matematica e la grande terrazza sulla quale vigilano minacciosi, come abbiamo scoperto di persona, grandi gabbiani a difesa dei loro piccoli appena nati, pigolanti nei nidi sui muri più alti e sui tetti. La nostra guida nella visita è stata la prof. Alessandra De Angelis, prodiga di aneddoti venuti fuori dalle ricerche d’archivio e dalla memoria dei più anziani. Tra i tanti l’abitudine della tazza di tè offerta nel 1944 – in segno di fratellanza − ai residenti del quartiere Prati dai soldati del 30° General Indian Hospital nel Mamiani requisito dagli Alleati per ricoverare e curare i Gurkha feriti nelle operazioni belliche. 

In questo piccolo affresco sul Mamiani un grande supporto ci è arrivato – come si sarà compreso − dal saggio di Privitera e Scognamiglio. Come scrive nella presentazione la prof. Tiziana Sallusti, il libro «è una dichiarazione d’amore per la scuola pubblica e laica, attraverso una delle sue istituzioni, il liceo classico che, da oltre un secolo, intende la cultura classica come strumento privilegiato per la formazione delle coscienze individuali e collettive». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giornalista e saggista, è stato fino al gennaio 2016 il direttore delle testate del Master di Giornalismo dell’Università Lumsa di Roma, dopo essere stato per molti anni docente ai corsi per la preparazione all’esame di Stato organizzati dall’Ordine dei giornalisti a Fiuggi. E’ stato Caporedattore centrale dell’agenzia di stampa ApBiscom (ora Askanews) dopo una lunga carriera all’Ansa nel Servizio Diplomatico, al Politico e agli Interni. Autore di una decina di saggi e manuali, con Stefano Polli ha scritto E’ l’agenzia bellezza! (seconda edizione nel 2021), ha curato “Pezzi di Storia” (2021) ed è coautore del libro di Giovanni Giovannini Il Quaderno Nero, Settembre 1943-aprile 1945 (2004, Scheiwiller).

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