Per un Trattato Onu, firmato anche dagli Usa nel 1967, lo spazio extra-atmosferico è patrimonio dell’umanità. Elon Musk lo ha violato con il monopolio dei suoi attuali 7mila satelliti, i due terzi di tutti i satelliti attivi nello Spazio. Siamo giunti, così, a una mutazione dello stesso capitalismo neoliberista, che fino ad oggi ha devastato la sfera pubblica e sottomesso la politica all’economia, mantenendo tuttavia la separazione formale tra le due sfere. Ora siamo a una regressione premoderna: allo stato patrimoniale dell’età feudale. Il governo, sedicente sovranista e nazionalista, di Meloni è il primo a genuflettersi per consegnare la nostra sicurezza, personale e dell’intero Paese, al tycoon sudafricano spalla destra di Donald Trump
◆ L’analisi di LUIGI FERRAJOLI, giurista
► «L’esplorazione e l’utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, saranno svolte a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi, quale che sia il grado del loro sviluppo economico o scientifico, e saranno appannaggio dell’intera umanità». È il testo dell’articolo 1 del Trattato sulle attività nello spazio extra-atmosferico concluso a Washington il 27 gennaio 1967 e approvato da quasi tutti i paesi membri dell’Onu, inclusi gli Stati Uniti e l’Italia. Che l’hanno ratificato rispettivamente il 10 ottobre 1967 e il 18 gennaio1981. È una norma chiara e semplice, clamorosamente violata dal quasi monopolio dello spazio extra-atmosferico acquisito di fatto da Elon Musk. Quasi tutti i satelliti in orbita intorno al nostro pianeta – più di 7.000 di cui 6.176 operativi – sono infatti satelliti Starlink, di sua proprietà, e si prevede che raggiungeranno presto la cifra di 12.000.
È avvenuta, in breve, un’appropriazione privata dello spazio pubblico extra-atmosferico, che fa di Musk la persona non solo più ricca (473 miliardi di dollari), ma anche più potente del mondo. È difficile calcolare una simile potenza, consistente nella gestione dell’accesso veloce a Internet a livello globale e destinata a crescere in maniera esponenziale. Il futuro contratto di Musk con l’Italia – il primo paese che ha avviato una simile trattativa – affiderebbe alla sua gestione e al suo controllo tutte le comunicazioni in tema di sicurezza pubblica, dalle informazioni in materia militare a quelle relative alle relazioni diplomatiche, ai servizi segreti e alla protezione civile. La nostra sicurezza sarebbe di fatto privatizzata, in mano per di più a uno straniero, apertamente schierato con le parti politiche più reazionarie dell’Occidente.
Si spiega con questa enorme potenza, maggiore forse di quella di qualunque capo di Stato, la disinvolta arroganza con cui Musk interferisce nella politica di tanti paesi europei: affermando che i giudici italiani non fedeli al governo Meloni «devono andarsene», insultando il premier inglese Keir Starmer, chiamando «strega malvagia» la sua ministra per la tutela delle donne Jess Phillips, sostenendo in Inghilterra l’attivista fascista Tommy Robinson e schierandosi, nelle prossime elezioni tedesche, con l’ultradestra di AfD.
Naturalmente tutto questo è contro il diritto, puramente e semplicemente ignorato dai mercati e dalla politica, che l’hanno sostituito con l’assoluta sovranità dei grandi poteri economici e finanziari privati. Naturalmente è inverosimile che a una simile perversione si opponga il nuovo presidente americano Trump, che grazie ai finanziamenti di Musk è stato eletto e che di Musk condivide l’ideologia. Deboli, incerte e sostanzialmente impotenti sono state finora le proteste dell’Unione Europea e dei suoi paesi membri.
Chi invece ha voluto inaugurare anche formalmente la subordinazione della sfera pubblica a questo nuovo governo privato e globale dell’informazione e della comunicazione è stato, non a caso, il governo, sedicente sovranista e nazionalista, del nostro paese, che sta trattando il pagamento di un miliardo e mezzo di dollari in cambio di attività che controlleranno la nostra sicurezza utilizzando uno spazio appartenente all’intera umanità. —
Questo articolo è stato pubblicato da il manifesto, che qui ringraziamo, il 9 gennaio 2025