Bocciata dalla Commissione europea, la strategia Eni di tenere in vita il ciclo degli idrocarburi è difesa a spada tratta dal vertice del “Cane a sei zampe” guidato da Claudio Descalzi. Chiede di stoccare l’anidride carbonica a Ravenna per continuare ad estrarre idrocarburi dal sottosuolo e investe spiccioli nelle rinnovabili. Il capo di Enel, Francesco Starace, annuncia la chiusura della centrale a carbone di Porto Vesme in Sardegna entro il 2025 senza riconvertirla a gas. In autunno mobilitazioni delle università italiane per far aprire occhi ed orecchie al gruppo dirigente Eni controllato dal Tesoro
L’analisi di MASSIMO SCALIA, fisico matematico
FORSE LOMBROSO NON aveva tutti i torti con le sue teorie fisiognomiche, e, a veder le foto di Claudio Descalzi, il ceo di Eni, questa impressione sembra trovare conferme. C’è in più quella “gravedad”, vanto degli uomini spagnoli, che si legge nella fronte inutilmente pensosa. Peggio, le sue azioni come massimo dirigente dell’Eni suggeriscono addirittura i criteri di valutazione adottati dai tribunali della Francia rivoluzionaria: le “prove morali”, sufficienti a determinare la decapitazione. Merita il Nostro una così malevola attenzione? Beh, non c’è dubbio, almeno finché intigna a far danni ai cittadini italiani, alla loro salute, alle stesse possibilità aperte da quell’occasione unica per il Paese che è il Recovery plan.
Ma che vorreste, che in nome della “transizione ecologica” e della “rivoluzione verde” sbandierata dal Governo Draghi il capo di una grande Compagnia Oil & Gas indossasse i sandali da fratacchione francescano e chinasse umile il capo di fronte al nuovo verbo di un futuro green? Quando poi il Pnrr del Governo, che tanta udienza ha avuto nella Ue, non è certo esente dalle pesanti critiche che abbiamo puntualmente avanzato, peraltro nell’ottima compagnia delle associazioni ambientaliste, grandi e piccole. En passant, un pensiero grato va all’azione del gruppo parlamentare Greens/Efa che ha mosso, in un clamoroso silenzio stampa, analoghe critiche che hanno fortunatamente lasciato il segno nel documento del gruppo di lavoro della Commissione Ue: “Analysis of the recovery and resilience plan of Italy” [vedi link].
Tornando a Descalzi, niente sandali, ma ci accontenteremmo che prendesse esempio dalle Compagnie del settore, che nel 2020 hanno distolto ben 87 miliardi di dollari da Oil & Gas. O che tenesse in conto il monito della Iea (International Energy Agency), non certo una tifosa delle fonti rinnovabili, che nel suo rapporto “Net zero by 2050” afferma: «No new oil and natural gas fields are needed in the net zero pathway» (Nessun nuovo giacimento di petrolio e gas naturale per raggiungere le emissioni zero). Invece il gruppo dirigente dell’Eni, davvero pessimo, intigna col Ccs a Ravenna. Eni ha presentato la richiesta di autorizzazione (istanza prot. 17286) per lo stoccaggio geologico dell’anidride carbonica nella coltivazione in Adriatico della quale è titolare a largo di Ravenna (“A.C 26.EA”, Porto Corsini Mare), passaggio chiave per confinare la Co2 che si forma dal metano nella produzione di idrogeno “blu”. Chi mai sarà l’Assemblea della Regione Emilia-Romagna, che il 30 giugno si è pronunciata contro finanziamenti a quel progetto a valere su un fondo Ue di ricerca (non recovery fund)? E che contano quei quattro sgallettati che si oppongono da tempo con manifestazioni e bandiere in piazza Kennedy a Ravenna?
Intanto Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, lasciati a Descalzi i panni del malvagio mister Hyde, indossa quelli del buon dottor Jekyll per annunciare: «La chiusura degli impianti a carbone al 2025 potrà avvenire senza altra capacità di generazione termica, alimentata a gas… Che senso ha destinare investimenti in questa filiera quando si sa che servirà solo a stabilizzare il sistema per un breve arco di anni?» (“La Nuova Sardegna”, 9 luglio 2021). Anche se il discorso è rivolto alla Sardegna e alla rivoluzione verde che Enel vuole attuare lì, mandando a farsi benedire, finalmente, la centrale di Porto Vesme, il carattere generale dell’affermazione e le considerazioni di merito che la accompagnano costituiscono la rinuncia da parte dell’Enel di trasformare a gas le centrali a carbone. Enel, insomma, si allinea con Next Generation Eu.
Mister Hyde, invece, sghignazza di fronte all’esplicito diniego del gruppo di lavoro della Commissione Ue: «Investments in hydrogen will be limited to green hydrogen and will neither contain blue hydrogen nor involve natural gas» (Gli investimenti nell’idrogeno saranno limitati all’idrogeno verde e non conterranno né idrogeno blu né coinvolgeranno gas naturale), e, per buttare un po’ di fumo negli occhi − mai metafora fu più adeguata −, fa comprare all’Eni sul mercato dai fondi Glenmont partners e Pggm Infrastructure un po’ di eolico nel nostro Sud per strombazzare: «Un importante passo in avanti nella nostra crescita nelle energie rinnovabili» (“Il Sole 24 Ore”, 10 luglio 2021). È una mera operazione finanziaria da 500 milioni di euro, mentre l’obiettivo dell’Ente in nuovi impianti da fonti rinnovabili al 2030 resta inchiodato a 15 GW, alcune volte inferiore a quello della Bp, 50 GW, per non parlare di quello della Total, 100 GW. Nessuna paura del senso del ridicolo, però, perché sicuramente nessuno dalla grande stampa glielo farà notare, impegnati come sono nella proskinesis davanti al munifico Elargitore. Ridicolo, anzi anti Ue, l’obiettivo, sempre al 2030, del 25%, di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, calcolato peraltro rispetto al 2018. Ridicolo? Vedi sopra.
Il 26 maggio scorso un tribunale olandese ha intimato alla Shell di ridurre del 45% le sue emissioni di Co2. Dopo la diffida inoltrata il 22 giugno all’Ente e, per notizia, ai ministeri competenti (di cui s’è scritto qui), l’arroganza esibita da mister Hyde & soci merita altre iniziative. In autunno − è un impegno − saranno le università italiane con i loro studenti che si industrieranno a “insegnare la modestia” al gruppo dirigente Eni. © RIPRODUZIONE RISERVATA