Ambientato nella Francia del 1948, il film racconta la storia vera di due ragazzini “dimenticati” dalla mamma in un campo estivo che fuggono dopo aver scoperto il cadavere del marito della direttrice della struttura. Per paura fanno perdere le loro tracce e vivono allo stato brado nei boschi. Dopo sofferenze indicibili vengono ritrovati, separati e chiusi in collegio. I traumi del loro passato rivivono con i flashback dei due fratelli oramai adulti, un medico e un architetto, attraverso una splendida fotografia capace di entrare nella mente di un bambino
◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *
► C’è una incredibile storia vera dietro all’ultimo film di Olivier Casas, che in francese si intitola “Frères”, fratelli, e in italiano è diventato banalmente “La storia di Patrice e Michel”. Ma il film non ha niente di banale, e si guarda con quel misto di partecipazione, tenerezza e angoscia che il regista, amico personale di uno dei protagonisti, voleva ottenere.
Siamo nel 1948. Patrice e Michel, sette e cinque anni, sono i figli naturali e trascurati di una bella donna che pensa soltanto a se stessa, e li “dimentica” in un campo estivo nei presso di La Rochelle. I due, a stento tollerati dalla direttrice della struttura, scoprono il cadavere del marito di lei, che si è impiccato. Sono convinti che verranno accusati del delitto, e fuggono nella foresta. Nessuno li cerca, perché nel dopoguerra in Francia si sono perse le tracce di migliaia di minori, spesso nati dalle relazioni di donne francesi con gli occupanti tedeschi.
Per sette anni i due fratelli vivono allo stato brado in una capanna di frasche, soffrendo il freddo e la fame, e tuttavia forti di un legame cementato dalla manualità del grande e dall’entusiasmo del piccolo. Il loro piccolo mondo autosufficiente va in frantumi quando vengono ritrovati, separati e chiusi in un collegio. Casas racconta la storia dal punto di vista dei due protagonisti ormai adulti – il grande è diventato un medico, il piccolo un affermato architetto – ricorrendo alla tecnica dei flashback, che può infastidire, ma in questo caso è perfettamente giustificata. I traumi del passato hanno infatti drammatiche conseguenze sul loro presente.
I due fratelli adulti vengono interpretati dagli ottimi Yvan Attal e Mathieu Kassovitz, mentre sono quattro, e tutti bravissimi, i giovani attori che si alternano nelle scene dell’infanzia. Splendida la fotografia, capace di rendere al meglio i turbamenti e la serenità che un grande bosco selvaggio può ispirare nella mente di un bambino. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org