◆ L’articolo di FABIO BALOCCO
► Era il 1994 quando con Carlo Gubetti e Walter Perotto scrissi quello che ad oggi resta un testo unico sulle piste agro silvo pastorali, cioè sulle strade bianche di montagna realizzate per raggiungere alpeggi o fare legnatico. Si intitolava “Piste o peste” (ed. Pro Natura) titolo che equiparava le strade bianche alla pestilenza. Infatti in allora denunciavamo come mancasse un’effettiva politica che coniugasse gli interessi di chi viveva in montagna con gli interessi della montagna stessa (intesa come autentico soggetto), cioè il rapporto uomo-ambiente. Quasi tutte le piste venivano aperte senza che ci fosse uno straccio di piano di recupero fondiario, senza che se ne valutasse l’effettiva redditività, dimodoché si gettavano dalla finestra soldi pubblici (spesso di provenienza Ue) per aprire strade bianche, ristrutturare baite, senza che poi le mucche al pascolo ci andassero, oppure ci andassero per qualche anno e poi stop perché l’operazione non era remunerativa. Tradotto: si sono fatti grossi favori ad imprese movimento terra (spesso locali), producendo ferite non rimarginabili alla montagna. Molte piste terminano oggi nel nulla.
Era il 1994, quindi sono trascorsi trent’anni, e di altre piste ne sono state aperte a decine, e le Valli di Lanzo, a due passi da Torino, non si sono certo sottratte alla stradomania, anche favorite da una normativa regionale in tema di vincolo idrogeologico che un tempo consigliava di confrontare più progetti di fattibilità (ad esempio le teleferiche per il taglio della legna), ed oggi non più. Uno dei casi più eclatanti, impattanti ed assurdi fu il progetto presentato otto anni fa dal Comune di Groscavallo (Val Grande di Lanzo) di aprire una pista che raggiungesse il Gias Nuovo, nell’alto Vallone di Sea, uno degli angoli più intatti e selvaggi dell’arco alpino occidentale, reso famoso dalle vie di arrampicata aperte sulle sue ripide pareti di granito da Gian Carlo Grassi ed altri famosi alpinisti torinesi. Associazioni di alpinisti, appunto, ed escursionisti insorsero, e la stessa giunta regionale guidata da Chiamparino, si dimostrò scettica. Il progetto fu abbandonato, ma il Vallone così intatto dava fastidio [leggi qui nota 1]. Due anni dopo ecco presentato un progetto, questa volta di centralina idroelettrica, anch’esso caduto nel nulla. Ma è la pista che attira, la pista [leggi qui nota 2].