La logica dell’impresa e del mercato concorrenziale è penetrata nel cuore dello Stato sociale: dalla sanità alla scuola all’università, fino a coinvolgere, in generale, le politiche di welfare. Esse sono state sostituite progressivamente dai bonus ai cittadini, affinché i bisognosi possano acquistare sul mercato le prestazioni ‘sociali’ di cui necessitano. Il principio concorrenziale è diventato il ‘regolatore’ dell’intera vita sociale, con una ‘coerente’ emarginazione del potere di governo degli organi democratico-rappresentativi. Una completa subordinazione dello Stato all’economia di mercato. Il fine dell’azione pubblica non è più la “conservazione” dei diritti naturali dei cittadini ma la creazione dell’ordine artificiale del mercato. Fino al ‘post-liberalismo’. «Oltre» lo Stato, svuotato di ogni effettivo potere di governo, mero esecutore di decisioni prese in sedi sovranazionali, cui non partecipa da protagonista. «Oltre» il neoliberalismo, con una nuova direzione (non più pubblica, come accaduto durante l’esperienza dello Stato moderno) dell’economia e della società. Un inedito dirigismo privato transnazionale
◆ L’anticipazione di CARLO IANNELLO, da “Lo stato del potere” (edizioni Meltemi) in uscita nel 2025 *
In un secondo momento, infatti, la logica dell’impresa e del mercato concorrenziale è penetrata nel cuore dello Stato sociale, coinvolgendo i più importanti servizi precedentemente garantiti in base al principio universalistico: dalla sanità alla scuola all’università (che hanno subito un processo di aziendalizzazione e di messa in concorrenza) fino a coinvolgere, in generale, le politiche di welfare. Ad esempio, le prestazioni, un tempo rese da amministrazioni di erogazione, sono state progressivamente sostituite da politiche market friendly, come la corresponsione di bonus ai cittadini, affinché i bisognosi potessero acquistare sul mercato le prestazioni ‘sociali’ di cui necessitavano, aprendo agli attori del mercato nuove possibilità di guadagno in campi di attività in cui erano precedentemente esclusi. Anche settori non economici sono stati così ‘regolati’ in base alle leggi del mercato e della competizione attraverso normative che hanno collocato l’erogazione di questi servizi in un ambiente concorrenziale (costruito artificialmente) dalle stesse discipline di settore.
Si è ribaltato il rapporto tradizionale tra politica e mercato, diventato la fonte esclusiva di legittimazione dell’azione pubblica e del potere pubblico. La neutralizzazione della politica ha prodotto, al tempo stesso, lo scardinamento dei principi dello Stato liberale di diritto (in cui la politica e il diritto hanno sempre svolto il compito di mediazione tra gli interessi in conflitto, quelli sociali e quelli del mercato) e lo smantellamento dello stato sociale, privato della stessa possibilità di realizzare politiche redistributive del reddito. Lo Stato, tuttavia, inteso come apparato burocratico autoritativo, ha rappresentato lo strumento essenziale per la realizzazione dei nuovi obiettivi. Non è quindi scomparso e nemmeno arretrato, come si è acriticamente sostenuto in passato, ma si è solo trasformato (1) e, nella sua dimensione autoritativa, persino rafforzato. Ciò che si è profondamente modificato è stato il fine dell’azione pubblica: non più la “conservazione” dei diritti naturali dei cittadini (fossero quelli individuali del primo costituzionalismo o anche quelli sociali del costituzionalismo novecentesco), ma la creazione dell’ordine artificiale del mercato (2).
Libertà di iniziativa economica e proprietà, architravi del neoliberalismo, sono tuttavia adesso minacciate proprio dalla efficiente realizzazione dell’ordine imposto dalle stesse politiche neoliberali, caratterizzato dalla fuga del potere dalle sedi politiche e dalla sua sempre crescente concentrazione (3). Il recente arretramento persino delle libertà economiche (della piccola e media impresa e della piccola e media proprietà privata, compromesse dall’implementazione delle agende digitali e green, che sta avvenendo con la logica del piano, come ad esempio il Pnrr), lungi dal favorire un ritorno dello Stato come attore di governo (4), ha prodotto una ulteriore radicalizzazione della tendenza pregressa: lo Stato è ancor più confinato nel ruolo in cui le politiche neoliberali lo avevano collocato, cioè di ancella di un mercato sempre più oligarchico. Oramai, l’erosione delle libertà non risparmia più nemmeno quelle economiche, rimaste, fino a poco tempo fa, indenni.
Proprio come il neoliberalismo era stato in grado di negare il liberalismo classico, questa nuova tendenza arriva finanche a sconfessare il neoliberalismo. Siamo al ‘post-liberalismo’: «oltre» lo Stato e lo stesso neoliberalismo. «Oltre» lo Stato, perché esso è oramai svuotato di ogni effettivo potere di governo, mero esecutore di decisioni prese in sedi sovranazionali, cui non partecipa da protagonista. «Oltre» il neoliberalismo, perché si sta affermando una nuova direzione (non più pubblica, come accaduto durante l’esperienza dello Stato moderno) dell’economia e della società, bensì realizzata dai grandi attori transnazionali del mercato. Un’impresa che si avvale degli strumenti un tempo usati dallo stato per correggere le dinamiche di mercato (le pianificazioni), per occupare ogni spazio possibile. Un inedito dirigismo privato, volto alla pianificazione dell’economia e della società, che minaccia anche le superstiti libertà economiche, per dare piena realizzazione ai fini stabiliti delle nuove oligarchie economiche. Il segno distintivo del ‘post-liberalismo’ è il tramonto della libertà (6). © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) Questa anticipazione è pubblicata anche sul sito “Stroncature.com” nella sezione ‘La Republique des Sciences’
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Note
(1) S. Cassese, Territori e potere, Il Mulino, Bologna, 2016, 48
(2) N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 2001, passim
(3) W. Streeck, Globalismo e democrazia. L’economia politica nel tardo neoliberismo, Feltrinelli, Milano, 2024, passim
(4) Come sostenuto, ad esempio, da G. Amato, Bentornato Stato, ma, Il Mulino, Bologna, 2022, passim.
(5) C. Rhodes, Capitalismo woke. Come la moralità aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Milano, 2023, 150
(6) Queste riflessioni anticipano un lavoro più ampio la cui pubblicazione è prevista nel 2025, per i tipi della Meltemi, con il titolo “Lo stato del potere”