Se volessimo guardare all’equilibrio bio-fisico complessivo del Pianeta, dovremmo gioire tutti assieme nel registrare i progressi tecnologici di Pechino negli ultimi anni. «Gli investimenti annuali in energia pulita sono aumentati del 40 per cento nel 2023, diventando il principale motore di crescita della Cina. È il principale paese produttore di turbine eoliche, pannelli solari, veicoli elettrici e batterie agli ioni di litio». Un paese, ricordiamolo, che è responsabile del 30 per cento delle emissioni globali di Co2. Che un gigante come la Cina si muova nella direzione giusta per non finire arrostiti tutti quanti dall’aumento delle temperature, sì, questa è un’ottima notizia.
Rischiamo di dipendere dalle tecnologie cinesi? Sì, rischiamo di esserlo sempre di più se ci muoveremo in ordine sparso. E anche la nostra sicurezza può essere messa a rischio senza i necessari controlli sui dispositivi “intelligenti” made in China incorporati negli oggetti di uso comune: dai veicoli elettrici alle turbine eoliche, agli elettrodomestici quotidiani. Per il quotidiano economico della City londinese, «non saranno le misure protezionistiche occidentali a fermare il primato tecnologico cinese». Piuttosto, scrive il Financial Times, «si potrebbe chiedere alla Cina una maggiore condivisione della proprietà intellettuale in cambio dell’accesso al mercato». E i problemi di sicurezza nazionale «si potrebbero affrontare con ispezioni più rigorose, facendo controlli sugli impianti che usano prodotti cinesi». Una direzione di marcia nettamente opposta ai segnali trasmessi al mondo da Donald Trump. Sempre che l’Europa politica ed economica esista ancora e, con i suoi 450 milioni di cittadini, voglia contare qualcosa sul piano globale. — (ivo leone) © RIPRODUZIONE RISERVATA