I numeri hanno un loro peso, e una loro verità. Quello di quest’anno non è il record assoluto di vittime, in parte via terra ma soprattutto via mare, di migranti morti per raggiungere l’Europa. Ma nel 2024, finora, c’è il primato di morti rispetto al numero di migranti giunti salvi alle coste europee. Numeri sconvolgenti che rendono non credibile la tesi di chi sostiene di scoraggiare in tutti i modi le partenze dall’Africa (pagando cifre altissime per fermare i migranti prima di partire). È stato solo reso più difficile e pericoloso avere una speranza. Emilio Drudi e l’associazione “Nuovi desaparecidos” denunciano questa enorme tragedia e, con i numeri, provano a vincere l’ultimo muro eretto contro i profughi e richiedenti asilo: quello dell’indifferenza
◆ L’analisi di EMILIO DRUDI *
La rotta più pericolosa si conferma anche quest’anno quella spagnola, nel Mediterraneo occidentale e soprattutto nell’Atlantico, verso l’arcipelago delle Canarie, con un totale di 2.350 vittime, una ogni 16,9 migranti arrivati (lo scorso anno uno ogni 23,5). Segue quella del Mediterraneo centrale, dalla Libia e dalla Tunisia verso l’Italia, che con 1.144 morti segna un rapporto di uno a 43,7, molto più alto di quello dell’anno passato, che registrò un totale di 1.965 vite spezzate, pari a una ogni 79,8 arrivi. Una netta flessione si registra nell’Egeo e nel Mediterraneo orientale verso la Grecia e Cipro, dove nel 2023 ha pesato enormemente la strage di Pylos, nel Peloponneso, con circa 700 morti: quest’anno le vittime accertate risultano finora 98 a fronte di 37.293 migranti sbarcati: una ogni 380,5 arrivi.
Vale la pena soffermarsi sulla crescita costante del tasso di mortalità nell’ultimo decennio. Da un morto ogni 256 migranti arrivati nel 2015 si è via via saliti, di anno in anno, a uno a 67,4 nel 2016, uno a 53,6 nel biennio 2017-2018, uno a 56,4 nel 2019, poi un balzo di uno a 43,1 e uno a 41,7 rispettivamente nel 2020 e nel 2021 per scendere a uno ogni 47,9 nel 2022 e ogni 52,7 nel 2023 salvo risalire di colpo, finora, a uno ogni 37,2 quest’anno. Sono – sicuramente non a caso, vista questa terribile graduatoria di morte – gli anni nei quali più si è intensificata la politica di chiusura e respingimento adottata dall’Italia e dall’Europa nei confronti dei profughi/migranti, con la costruzione di oltre duemila chilometri di barriere d’acciaio e filo spinato ai confini e, soprattutto, con gli accordi che hanno esternalizzato le frontiere dell’Unione Europea sempre più a sud, inventandosi le finzioni delle zone Sar libica e tunisina e affidando il lavoro sporco dei respingimenti, a terra e soprattutto in mare, alle polizie e alle milizie di paesi come la Libia, la Tunisia, l’Egitto, il Marocco, l’Algeria, ecc., dove il rispetto dei più elementari diritti umani è una pura chimera, come dimostrano tutti i rapporti dell’Onu degli ultimi dieci anni, prima ancora di quelli di organizzazioni come Amnesty o Human Rights Watch e tutte le più prestigiose Ong. È fin troppo nota la sorte che attende i profughi/migranti che restano intrappolati o sono respinti in questi paesi. Emerge anche da tutta una serie di sentenze della magistratura italiana. Basti ricordare i lager libici, la riduzione in schiavitù di migliaia di giovani, le violenze di ogni genere, le torture, gli stupri, le migliaia di donne e uomini abbandonati a morire nel deserto ai confini tra Tunisia, Algeria e Libia…
(*) L’autore dirige www.nuovidesaparecidos.net