Il principio-base è nelle quattro libertà fondamentali dell’Unione europea: libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali, dei servizi. E quindi il cittadino dell’Unione intenzionato ad andare a lavorare in un altro Paese non dovrebbe trovare ostacoli, se non quelli del mercato. Non è così, e non solo per la mancata automatica equipollenza delle lauree. Il riconoscimento delle qualifiche professionali trova spesso un ostacolo anche nelle diverse condizioni richieste da Stato a Stato, al punto che la Corte dei Conti europea è intervenuta sul problema con una Relazione che, dopo aver riconosciuto il riconoscimento delle qualifiche professionali come “essenziale” per l’Unione, ne rileva lo scarso utilizzo e l’incoerenza complessiva dei singoli Stati
◆ L’analisi di GIORGIO DE ROSSI
► La Corte dei Conti Europea, nella Relazione Speciale n. 10/2024, ha esaminato il tema legato al “Riconoscimento delle qualifiche professionali nell’Ue”, sottolineando che trattasi di un meccanismo essenziale all’interno dell’Unione, ma utilizzato di rado ed in modo incoerente. I magistrati contabili sono partiti dalla considerazione che il diritto di spostarsi liberamente per motivi professionali e di stabilire la propria attività in un altro Stato membro è garantito dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue). Il Trattato di Maastricht del 1992, infatti, all’Articolo 21, ha introdotto il principio della “Libertà di circolazione e soggiorno delle persone all’interno dell’Unione europea”: principio che costituisce la pietra angolare della cittadinanza nell’Ue. Esso consente a tutti i cittadini dell’Unione, sia lavoratori dipendenti, che lavoratori autonomi, di muoversi liberamente tra gli Stati membri per motivi professionali o di stabilirvi la propria attività.
Ma il riconoscimento delle qualifiche professionali costituisce solo una delle fasi della procedura necessaria pe l’esercizio di una professione regolamentata all’estero e che i cittadini europei devono esperire. Per determinate professioni può essere richiesta anche un’autorizzazione all’esercizio (ad esempio, per le professioni sanitarie) o una licenza commerciale (ad esempio, per le professioni dell’artigianato). Pertanto, nel novembre 2013, il Parlamento europeo ha modificato la predetta normativa Rqp del 2005 mediante la Direttiva 2013/55/Ue, che doveva essere recepita nei rispettivi diritti nazionali entro il mese di Gennaio 2016. La direttiva Rpq così modificata comprende i seguenti elementi:
∎ Esercizio parziale di un’attività professionale per i cittadini non qualificati per tutte le parti di una professione regolamentata nello Stato membro ospitante. Gli Stati membri, rileva la Corte, non hanno quasi mai utilizzato la possibilità di concedere un accesso parziale: meno dell’1 % del totale delle decisioni di riconoscimento sono state adottate per l’accesso parziale. ∎ Princìpi e/o prove di formazione comuni che rappresentano un sistema di Rqp automatico aggiuntivo;attualmente la formazione si applica solo ai maestri di sci
∎ Utilizzo obbligatorio del sistema di informazione del mercato per le notifiche dei diplomi automaticamente riconosciuti
∎ Rafforzamento del ruolo degli “Sportelli Unici” negli Stati membri con l’obbligo di rendere disponibili un minimo di informazioni in formato digitale
∎“Tessera Professionale Europea”, quale strumento digitale per il riconoscimento delle qualifiche, disponibile, comunque, solo per cinque professioni: Infermiere, Farmacista, Fisioterapista, Guida alpina e Agente immobiliare.
Nel 2021, anche il Parlamento europeo ha invitato la Commissione ad individuare i settori in cui gli Stati membri bloccavano in modo sproporzionato l’ingresso alle professioni regolamentate. Nonostante i numerosi tentativi di riordino la Corte ha riscontrato che il numero complessivo delle professioni regolamentate è aumentato da circa 5.400 nel 2016 a circa 5.700 nel 2023 e varia notevolmente da uno Stato membro all’altro. Ad esempio, l’Ungheria regolamenta un numero di professioni di quasi cinque volte maggiore rispetto alla Lituania (415 contro 88 professioni); l’Italia, con 189 professioni regolamentate si pone comunque sotto la media europea, pari a 212. In aggiunta, ai sensi della citata Direttiva 2013/55/Ue, gli Stati membri devono consentire l’accesso ad una procedura on line a quei cittadini che intendono ottenere il riconoscimento della loro professione all’estero.
Gli Auditors della Corte hanno altresì riscontrato che la Tessera Professionale Europea è maggiormente utilizzata da due sole professioni, vale a dire le Guide di montagna e gli Agenti immobiliari. Allo stesso tempo, non è diffusamente utilizzata per le professioni con sistema automatico di riconoscimento: in particolare, per gli infermieri, per i quali solo il 5% delle richieste ha riguardato le Tessere Professionali Europee. Ciò potrebbe essere attribuito ad uno dei principali aspetti negativi di tale documento: il costo. Per rilasciare una Tessera Professionale Europea, sia gli Stati d’origine che quelli ospitanti, hanno entrambi il diritto di applicare una tariffa che sovente supera del 20% i costi delle procedure di riconoscimento standard. Sulla base dei numerosi rilievi contenuti nella Relazione Speciale, la Corte ha, pertanto, raccomandato alla Commissione di proporre anche delle modifiche alla normativa vigente e di garantire, entro il 2025, un’applicazione uniforme del sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali al fine di assicurare all’interno dell’Unione quel fondamentale diritto legato alla piena mobilità dei lavoratori. © RIPRODUZIONE RISERVATA