È il mercato all’aperto più grande di Europa. Il mercato di Porta Palazzo a Torino, “Porta Pila”, sfregiato dal presuntuoso – perché estraneo – cubo verde di Fuksas, resta bellissimo per i turisti che vanno a visitarlo, e conserva uno straordinario legame con il passato. Un legame fatto di colori, odori, e di sintonia con quella parte della città per la quale anche fare la spesa per vivere è un problema. Come cantava Gipo Farassino, in dialetto piemontese: “Pòrta Pila, Pòrta Pila, a vorìa dì: sensa sagrin (…) mì fasia ij sàut mortaj për comprè quatr nassionaj…”. Porta Pila vuol dire senza affanni, quando si facevano i salti mortali per comprare cinque sigarette [il testo e la canzone di Gipo potete leggerlo e sentirla cliccando qui]
◆ L’articolo di FABIO BALOCCO
► Io il mercato della frutta e verdura ce l’ho dentro. Ero bambino e, non potendo rimanere a casa da solo, d’estate accompagnavo mia mamma al mercato dove mia nonna gestiva un banco di frutta e verdura all’ingrosso. Dovevamo arrivare presto per aiutare la nonna. Il mio apporto era ovviamente uguale a zero, ma era un’occasione per mangiare la focaccia e vedere aprire i cancelli, con tutti quei contadini che arrivavano a frotte dalle campagne intorno a Savona, specie dalla valle di Vado, prima che l’industria rendesse le albicocche di Valleggia un presidio Slow Food. Ed era una cascata di colori e profumi.
Tutto questo mi è rimasto dentro, come esordivo. E sarà anche per questo che adoro frequentare e acquistare ai mercati. A Torino ce ne sono enne, anche in piazze che dallo stradario neppure emergono (!), come Piazza Benefica e Piazza Barcellona. Ma su tutti emerge di gran lunga quello della frutta e verdura di Porta Palazzo. Certo, architettonicamente la piazza ha subìto lo sfregio che la giunta Chiamparino permise al compagno architetto Fuksas quando si trattò di risanare dall’amianto il mercato coperto dell’abbigliamento: molto meglio buttare giù tutto e piazzarci un cubo verde che nulla ci azzeccava con la geometria precedente. Ma quello comunque era il mercato dell’abbigliamento, al coperto.
Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.
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