Con un intervento a gamba tesa del deputato leghista Gianangelo Bof , il partito del nuovo Attila Salvini vuole cancellare il potere vincolante delle Soprintendenze sull’esecuzione di ogni tipo di intervento in aree tutelate. In pratica, intende eliminare il dovere di esprimere un diniego su strade, cave, canalizzazioni e condotte, cartellonistica pubblicitaria stradale. L’emendamento di Bof è stato dichiarato inammissibile dalla commissione Cultura, ma il presidente della commissione, anziché rigettarlo, lo ha accantonato in attesa del parere del ministero della Cultura. Finora il ministro Giuli ha resistito alle pressioni leghiste. Durerà e fino a quando il suo rifiuto? La discussione in Aula a Montecitorio prevista per oggi salta a seguito del caso Almasri
◆ L’analisi di SAURO TURRONI
► Questa volta a cadere sotto i colpi di un “liberi tutti”, che non sembra trovare argini, è gran parte del Codice del Beni Culturali e del Paesaggio, quel complesso di norme che da Raffaello ad oggi ha difeso non solo il nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico ma anche l’identità stessa dell’Italia. Ne dà notizia, ovviamente con malcelata soddisfazione, Confindustria tramite il proprio house organ. Secondo Il Sole 24 Ore, dopo qualche iniziale tentennamento, pare che il ministro Giuli regga il colpo.
Analizziamo da vicino di che si tratta. Alla Camera dei deputati è all’esame, in Commissione, il decreto legge “Conversione in legge del decreto 27 dicembre 2024, n. 201, recante misure urgenti in materia di cultura”, atto Camera (2183). Un deputato della Lega, esterno alla commissione Cultura, Gianangelo Bof − componente della commissione Ambiente e Lavori pubblici −, con la sua la proposta vuole cancellare il potere vincolante delle Soprintendenze sull’esecuzione di praticamente ogni tipo di intervento in aree tutelate. Si inizia col rendere inefficaci i pareri in aree sottoposte a Piani Paesaggistici, si prosegue annullando il dovere di esprimere un diniego per ogni intervento od opera in zone sottoposte a tutela, ivi comprese strade, cave, canalizzazioni e condotte, cartellonistica pubblicitaria stradale. L’emendamento punta poi a garantire l’impunità a chi ha violato il paesaggio o i Beni Culturali e a rendere libero di fatto da rischi che proponga interventi di ripristino nel caso di violazioni interessanti beni o paesaggi tutelati.
Ovviamente non è del peone di Vittorio Veneto la “manina” autrice del nuovo liberi tutti. Non sbaglieremmo se affermassimo che l’origine di tanta devastazione va ricercata nel ministero delle Infrastrutture guidato, si fa per dire, da un nuovo Attila, che non ha come obiettivo solo quello di fare opere insensate come il Ponte sullo stretto o infilare condoni ogni dove: Salvini punta diritto alla smantellamento dell’Italia. Lo fa con l’autonomia differenziata, lo vuol fare cancellando gli strumenti di tutela dell’identità stessa del popolo italiano. Infatti il ministro Salvini ha subito rivendicato la proposta scrivendo sulle sue pagine social il suo nuovo slogan: “Più semplificazione e meno burocrazia, seguendo la linea del Salva-Casa”. Non particolarmente visibile la reazione delle opposizioni, anche coperta dal clamore della vicenda Almasri; ma, temo, anche minata al suo interno da posizioni di netta avversione nei confronti delle soprintendenze stesse e dalla presenza fra gli eletti della sinistra di quel partito dei sindaci già noto alle cronache per essere insofferente a codici, controlli e regole, si veda la questione dell’abuso d’ufficio.
A quanto risulta, il ministro Giuli avrebbe opposto resistenza e il parere del Governo nei confronti dell’emendamento sarebbe stato negativo. All’atto doveroso del ministro della Cultura ha fatto seguito la risposta con cui la Lega giustifica la propria intenzione: «Su richiesta di migliaia di cittadini, imprenditori e associazioni, la Lega intende proseguire la battaglia per sburocratizzare». Il partito di Salvini vuole confermare l’emendamento che azzera praticamente le funzioni di protezione dei beni culturali e paesaggistici assegnato alle Soprintendenze, andando ad incidere pesantemente sulle tutele dell’art. 9 della Costituzione. E, non volendo affatto arretrare, sta definendo anche una proposta di legge ad hoc. Intanto in commissione l’emendamento è stato dichiarato inammissibile ma questo non ci rassicura affatto. Questa è un legislatura in cui le regole considerate un impedimento al volere degli italiani vengono calpestate allegramente. Infatti, con procedura assai irrituale dopo la dichiarazione di inammissibilità, il presidente ha invitato al ritiro dell’emendamento. In seguito, ancora più fantasiosamente, dichiarando di essere in attesa delle decisioni finali del ministero della Cultura lo ha accantonato.
Nel frattempo, mentre le agenzie riportano la notizia di un bracco di ferro fra Salvini e Giuli, il leghista Bof annuncia il ritiro di un emendamento che, a norma di regolamento, non dovrebbe neppure esistere. Ciò accade col silenzio di tutti che, di fronte a tanto spregio delle regole, avrebbero dovuto opporsi duramente. Verrebbe da pensare che l’opposizione non si fa solo sul caso del tagliagole libico. Fra Lega e FdI c’è dunque un vero e proprio braccio di ferro. E, mentre ci si augura che Giuli sia sufficientemente fermo e anche sorretto dal partito nel suo diniego, si ha ragione di temere che per superiori ragioni dell’alleanza di destra esca da qualche cappello una nuova proposta di modifica che individui alcune limitate fattispecie su cui “prevedere il carattere obbligatorio ma non vincolante del parere delle Soprintendenze”, magari facendola redigere dall’ufficio legislativo dello stesso ministero della Cultura. Di fatto rendendolo servente agli interessi del ministero delle Infrastrutture.