L’articolo di MASSIMO SCALIA
CLAMOROSO IL SILENZIO dei media italiani nell’ignorare l’appello rivolto il 7 marzo scorso dalle Accademie delle Scienze dei Paesi del G7 ai rispettivi governi, in vista del G7 che si terrà a maggio a Hiroshima e col quale chiedono azioni: per migliorare il processo decisionale sui cambiamenti climatici, proteggere la biodiversità degli oceani e sostenere il benessere delle persone anziane. È vero, tutti temi ormai stantii, in particolare quello del benessere degli anziani, in un Paese di giovanotti com’è l’Italia, dove le persone con più di 65 anni sono solo poco meno di un quarto della popolazione (nel martoriato Iran, ad esempio, circa un decimo).
Stupisce questo buco informativo in un sistema mediatico che, soprattutto riguardo alla crisi climatica globale, si è prodigato anche in termini di apprezzabile divulgazione scientifica. Fin da quando, ormai parecchi anni fa, le Accademie delle Scienze lanciarono drammaticamente l’allarme sul riscaldamento globale richiedendo ai summit degli allora G8 (c’era anche la Russia) del 2005 e del 2006, e a tutte le nazioni del mondo, di farvi fronte con una “prompt action”. Le agenzie di stampa internazionali batterono: «Le Accademie dettano l’agenda ai politici» e la Ue, grazie ad Angela Merkel, rispose, poi, con i «tre venti per cento al 2020» sanciti dal Consiglio d’Europa di marzo 2007. Già, che strano, ma non riesco a ricordarmi nessuna attenzione dei media italiani all’importanza degli Statement allora formulati dalle Accademie. Deve essere un buco della mia memoria.
Ma che vogliono, ancora, questi scienziati? Propongono tre Statement congiunti, ai quali varrà forse la pena di dare un’occhiata.
Il secondo Statement riguarda «il ripristino e il recupero dell’oceano e della sua biodiversità». A tal fine «i governi dovrebbero adottare un approccio globale alla gestione dell’ambiente marino costiero, basato sugli ecosistemi che lo costituiscono, includendo gli effetti del deflusso agricolo e di altri inquinanti terrestri, e stabilire chiare strutture di governance». Per passare ad una pesca davvero sostenibile, oltre alle misure per porre fine alle varie forme di pesca illegale o non regolamentata «i governi dovrebbero controllare la pesca a strascico commerciale su larga scala e la pesca a strascico d’altura; e prevenire la pesca eccessiva».
Un ingenuo potrebbe pensare che è su sfide di questa rilevanza, globali ma al tempo stesso nazionali, che si dovrebbero misurare le capacità dei governi, che si dovrebbe orientare il dibattito pubblico e l’interesse dei cittadini. Certo, meno facile in assenza di uno stimolo che venga dal mondo dei media, che, almeno in Italia, o è distratto dal puntare all’importanza delle cose quale loro conferita dai veri maître à penser di cui abbonda il giornalismo nostrano, o, a proposito di come far fronte al global warming e alle sue drammatiche conseguenze socioeconomiche, ha una visione resa opaca da quel velo di oil & gas che il Mascellone non fa mai mancare.
Ma da qui a maggio, al G7 di Hiroshima, c’è tempo per recuperare. Non posso credere che ci siano degli irrecuperabili! © RIPRODUZIONE RISERVATA