Ma l’Età del Ferro è stata posticipata rispetto al suo “vero” inizio? Dalla Sardegna, terra custode di grandi segreti dell’evoluzione dell’umanità, ci sono indizi (per alcuni: prove) che autorizzano una rivoluzionaria conclusione: l’Età del Ferro è cominciata prima, molto prima. E il confine tra Preistoria e Storia rischia di dover essere spostato più indietro nel tempo
◆ L’inchiesta di MAURIZIO MENICUCCI
► Un nuvolo mattutino dello scorso fine maggio, tre austeri signori si aggiravano, intenti a chissacché, sul litorale deserto di Santa Caterina di Pittinuri, poco a sud di Bosa. Parliamo di uno di quei luoghi della Sardegna, peraltro bellissimi, dove gli estranei non passano ancora inosservati. Ancor più, poi, quando, fuori stagione e vestiti da città, fanno cose insolite, tipo calpestar la sabbia umida – qualcuno giura che le impronte siano rimaste lì per settimane, ma ai sardi piacciono le iperboli – e passarsi di mano uno strano aggeggio, tra mezze frasi e sorrisi complici, come di chi abbia trovato finalmente conferma a un’idea a lungo coltivata. I paesani, dopo aver speso qualche parola a proposito dell’età del trio, poco adatta a giochicchiare con il metal detector in cerca di collanine smarrite dai bagnanti, ricordano di essere tornati a farsi i propri affari.
E anche per noi non varrebbe la pena dilungarci, non fosse per la curiosa coincidenza che in un certo senso gli occhiuti caterinesi avevano intuito giusto: il nocciolo della strana passeggiata lungo mare e di tutta la storia che segue, è proprio l’età. Non quella dei pur attempati visitatori, che comunque, come vedremo, sono tutt’altro che pensionati in gita. Si tratta di una questione molto più seria e gravida di conseguenze: cioè della vera, o presunta, Età del Ferro, la fatidica soglia tra Preistoria e Storia che sui banchi di scuola avevamo imparato a collocare intorno all’anno mille avanti l’Era Volgare, dopo le età del Rame e del Bronzo. Invece, e questo è il punto, alcuni studiosi, pochi all’inizio, ma via via più numerosi e convinti, vorrebbero farla cominciare molto prima degli altri metalli, almeno in alcune aree particolarmente fortunate dell’ecumene: tra queste, appunto, la Sardegna, proprio in virtù della sua ricchezza di minerali ferrosi.
Ma andiamo per gradi, anche perché la teoria è rivoluzionaria e, come sempre, farà scorrere tra gli studiosi e gli appassionati del Passato, se non proprio sangue, un bel po’ di ematite. É inutile negare, infatti, che arretrare di millenni la siderurgia, con tutta la sapienza indispensabile al processo di fusione, e andare a sistemarla, sul calendario della nostra evoluzione culturale, subito dopo la tecnologia della pietra, suoni come un’autentica eresia. Però, a metterle in fila, le ragioni di chi lo sostiene non sono irrilevanti. Vertono, soprattutto, su due punti: l’evidenza che ogni cultura materiale nasce dalla disponibilità ambientale dei suoi elementi; e gli interrogativi sollevati dalla lavorazione dei megaliti, quei massi pesanti anche decine di tonnellate, che fin dalla più lontana Preistoria, quindi almeno dodicimila anni fa, gli uomini sapevano tagliare, estrarre e squadrare, in modo da farli combaciare, formando strutture complesse come dolmen, cerchi di pietre e torri nuragiche.
É vero che c’è tutta una letteratura che pretende di spiegare come avrebbero fatto: con corde vegetali, strofinate avanti e indietro fino a incidere la superficie del minerale; o con zeppe di legno bagnate, affinché si dilatassero dentro i solchi per separarne i blocchi; o con cunei di pietra. E gli archeologi sperimentali, specializzati nel riprodurre tali tecniche e i loro risultati, lo hanno anche dimostrato: proprio come inconsistente goccia, alla lunga, ‘cavat lapidem’, anche la roccia, strisciata e logorata, percossa e ribattuta, finisce per arrendersi al progettista. Ora, che sia proprio così, finché la pietra è abbastanza tenera da essere scalfita dalla stessa pietra, o dal bronzo, può darsi. Più difficile è spiegare le centinaia e forse migliaia di Domus de Janas, quei sepolcri che i sardi prenuragici scavavano già seimila anni fa, con pareti e tetti di mirabile geometria e levigatezza perfino nei minerali più duri, come il granito e il basalto. Si può davvero credere che ci riuscissero solo con strumenti di pietra, visto che il bronzo – lega di rame e stagno, o di rame e arsenico – era ancora di là da venire, e che, in ogni caso, la sua durezza è molto relativa?