Grattacieli della City Life di Milano abbelliti dai fiori di campo; sotto il titolo, aiuola spartitraffico torinese invaso dalle erbacce che dilagano sulla sede stradale

Da Milano a Francoforte, da Bergamo e Parma a Cracovia e Dublino, si allarga la scelta delle amministrazioni comunali di limitare gli interventi di sfalcio dei prati nelle aree urbane. E dilagano le polemiche. Il taglio frequente dell’erba impedisce alla maggioranza delle specie di fiorire, maturare i semi e propagarsi con beneficio, in particolare, per api e farfalle. Ma si diffondono anche specie infestanti, come i “forasacchi” molto pericolosi per nasi, orecchi ed occhi dei nostri cani. L’alternativa è fra jungla in città e diversificazione degli ecosistemi? Progettando e coinvolgendo la cittadinanza, forse si può fare anche altro…


◆ L’articolo di FABIO BALOCCO

Nel Paese delle polemiche anche il taglio dell’erba nei parchi e giardini pubblici diventa l’occasione per scatenare infinite polemiche, spesso del tutto sterili e basate sul nulla più assoluto. Riassumiamo i fatti: alcune amministrazioni comunali hanno deciso di ridurre numero e estensione degli interventi di sfalcio dei prati. Tra queste anche Bergamo, Parma e, più recentemente, Milano (https://www.comune.milano.it/web/milano-cambia-aria/-/erba-alta-nei-prati-in-citta-scopri-i-benefici-dello-sfalcio-ridotto-). All’estero la pratica è invece adottata da più tempo, con Vienna che può considerarsi una delle metropoli capofila, insieme a Cracovia, Francoforte e Dublino (https://www.adginforma.it/erba-alta-aperto-il-dibattito-gli-studiosi-ne-annunciano-i-benefici-legambiente-a-favore/).

Erba alta fra i palazzi di Milano (credits Elena Grandi)

Lo scopo dell’operazione, oltre quello di contenere i costi, è di favorire la conservazione della biodiversità. Il taglio dell’erba, infatti, impedisce alla maggioranza delle specie di fiorire e maturare i semi, cosa che evidentemente ne ostacola la rinnovazione e la diffusione. Con il rischio che i prati si banalizzino, risultando costituiti solo da poche specie, in grado di propagarsi per via vegetativa. Tanto per fare un esempio, avete ancora visto papaveri nei nostri parchi? Beh, qualcuno certamente ci sarà ancora, ma si tratta di ben poca cosa. Non solo, le fioriture che vengono impedite risulterebbero di grande valore estetico e fonte di nutrimento per numerosi insetti, tra cui in particolare farfalle e api: animali che, come ben sappiamo, non è che se la passino troppo bene, ma la cui importanza è vitale per la conservazione degli ecosistemi, agricoli compresi. Infine, da tenere conto che un terreno coperto da vegetazione più eterogenea e alta assorbe in modo più efficiente sia calore che acqua piovana, mitigando così quegli eccessi climatici che sempre più spesso caratterizzano le nostre città, peggiorando in modo marcato la nostra qualità di vita.

Trasformiamo i nostri giardini in jungle selvagge quindi? Beh, non esageriamo. Come accade quasi sempre, esiste una via di mezzo, che è in grado di rispondere in modo soddisfacente a esigenze che sembrerebbero contrapposte. Si potrebbe, ad esempio, destinare alcune aree dei parchi più grandi alla conservazione della biodiversità, effettuando interventi di sfalcio solo laddove alcune specie, magari esotiche, prendono un sopravvento troppo marcato. La parte rimanente può invece essere gestita in modo tradizionale, in modo da consentire le classiche utilizzazioni ludiche, di passeggio, e così via. Fondamentale poi l’informazione: i cittadini devono sapere perché si adottano determinate scelte e che l’operazione non deriva solo da incapacità organizzativa e necessità di risparmi. Non solo, essi devono essere coinvolti fin dalla fase di progettazione degli interventi, cercando ad esempio la collaborazione di forme strutturate, quali associazioni di volontariato o gruppi organizzati che operano sul territorio. In caso contrario le critiche sarebbero garantite e, con esse, la stessa efficacia dell’operazione potrebbe essere messa in discussione.

Alcune specie infestanti, come i “forasacchi”, sono molto pericolosi per nasi, orecchi ed occhi dei nostri cani ed altri animali da affezione

Certamente l’operazione presenta alcune difficoltà, sia progettuali che operative. Ma se c’è la volontà politica quasi nessun ostacolo è insormontabile. Già, la volontà politica… Proprio quella che spesso viene a mancare, sostituita da squallidi giochini elettorali che prevedono la demonizzazione delle proposte avanzate dalla parte avversa, qualunque esse siano, in modo del tutto indipendente dalla loro validità. Vero è che ogni popolo ha i governanti che si merita (e che vota), tuttavia pretendere una maggior attenzione ai reali problemi della popolazione e non solo al mantenimento di centri di potere, piccoli o grandi o che siano, dovrebbe essere proprio il minimo… © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.

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