Fallito il piano A e il piano B, è già pronto il piano C, il più cupo e pericoloso: scatenare violenze di piazza e invocare l’Insurrection Act del 1807. Ai suoi sostenitori armati lo ha già detto: «Stand down and stand by», «Pronti ad intervenire». A quel punto può mandare l’esercito e federalizzare la guardia nazionale. È una possibilità concreta?
L’analisi di STEFANO RIZZO, docente di Relazioni internazionali
⚈ Siamo abituati ai colpi di stato che si verificano periodicamente in varie parti del mondo. Volta dopo volta, dopo un’elezione che è andata male, l’uomo forte al potere decide che l’elezione non è valida: ci sono stati brogli senza i quali lui avrebbe sicuramente vinto. E allora si proclama vincitore. Se gli oppositori protestano chiama in piazza i suoi sostenitori; ne seguono scontri, anche violenti. Lui allora chiama la polizia, l’esercito: si spara, si bastona, si arresta. In nome della sicurezza nazionale il potente di turno viene confermato, magari da qualche tribunale compiacente, e lui continua a governare − fino alle prossime elezioni, se ci saranno.
Questo è successo e succederà molte volte, ma mai negli Stati Uniti d’America, un paese che si è sempre vantato (giustamente) di essere capace di effettuare ogni quattro anni una pacifica transizione del potere. Non questa volta. L’ha annunciato lo stesso Trump in campagna elettorale: «Se perderò sarà soltanto perché ci sono stati dei brogli». Subito dopo le elezioni ha lanciato schiere di avvocati, capeggiati da Rudolph Giuliani, per denunciare brogli e furti di schede inesistenti. Il risultato, fino ad oggi, è che tutte le denunce sono state archiviate dai giudici, anche quelli federali e perfino quelli nominati da Trump.
Quello era il piano A, che però è fallito. Allora è passato al piano B ed è roba di questi giorni, anzi ore. Avvicinandosi la scadenza (l’8 dicembre) in cui i governatori degli Stati dovranno comunicare al Congresso i nomi dei grandi elettori designati in base ai risultati elettorali, Trump prima ha iniziato a fare pressioni sui funzionari di Contea perché non certifichino i risultati del voto. Ha convocato quelli repubblicani del Michigan (dove ha vinto Biden), che però hanno dichiarato che si atterranno alla volontà popolare espressa nelle urne. Poi si è rivolto ai governatori stessi degli Stati più in bilico perché sovvertano il risultato delle urne. Anche questo lo aveva annunciato in campagna elettorale quando disse: «Vinceremo di sicuro, ma se vorranno impedircelo andremo fino in fondo alla Corte suprema e al Congresso».
La Corte suprema difficilmente potrà o vorrà occuparsi della questione dopo le pronunce unanimi delle corti inferiori. Resta il Congresso, perché è il Congresso che proclama il presidente sulla base del voto espresso dai grandi elettori in ciascuno Stato e trasmesso per iscritto dal governatore dello Stato unitamente all’elenco dei grandi elettori. Ora, il governatore se non è d’accordo con la lista di grandi elettori risultante dalle elezioni (perché ad esempio ritiene che vi siano stati brogli) può designare una sua lista e trasmetterle entrambe al Congresso lasciando che sia la Camera dei rappresentanti a decidere quale sia quella valida.
Tutto risolto quindi dal momento che la Camera avrà (questo è sicuro) una maggioranza democratica? Affatto, perché la Costituzione prevede che il voto avvenga per Stati in cui ogni Stato ha un voto, e poiché i repubblicani controllano 26 Stati contro i 24 dei democratici (il Distretto di Columbia non può votare) vincerebbe Trump. Quali potrebbero essere gli Stati candidati a portare avanti questa losca operazione? L’Arizona e la Georgia che hanno governatori e parlamenti repubblicani e che, secondo gli astutissimi consiglieri di Trump, potrebbero rovesciare il voto popolare dandogli la maggioranza dei grandi elettori, che verrebbe poi sancita dalla Camera.
Se anche il piano B fallisse (ed è probabile che fallisca) c’è sempre il piano C, il più cupo e pericoloso. Anche questo Trump l’ha adombrato quando, rifiutandosi di condannare le violenze delle milizie armate di suoi sostenitori − i 3Percenters, i Proud Boys, i Wolverines, e altri − ha detto loro, come fosse il loro capo militare: «Stand down and stand by». Liberamente tradotto: state fermi per adesso, ma tenetevi pronti a intervenire. Pronti a cosa? Se la situazione dovesse trascinarsi aumentando l’incertezza, lo sgomento e la rabbia dei cittadini di ambo i fronti, è probabile che vi siano manifestazioni e contro manifestazioni, ed è probabilissimo che diventino violente. A questo punto entrerebbero in gioco le milizie armate “trumpiane” per aumentare la violenza. Il terrificante scenario C − che non è fantasia da film distopico, ma una concreta possibilità − vedrebbe bande armate scorrazzare per le città, saccheggiare, distruggere, uccidere. Il presidente invocherebbe allora l’Insurrection Act del 1807 che gli dà il potere di fare intervenire l’esercito e federalizzare la guardia nazionale, e il gioco è fatto. Intanto Trump ha già incominciato a parlare di un terzo mandato… © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Foto: sotto il titolo, Trump asserragliato alla Casa Bianca [credit Getty images]; al centro, Rudolph Giuliani e Donald Trump davanti a Washington [credit Getty images]e il certificato di un rappresentante di lista del Partito repubblicano; in basso, milizie armate pro Trump a Portland [credit Corriere della Sera]