In un terso mattino di gelo, un giovane sci-alpinista con gran lena si apprestava a raggiungere la cresta del monte Schiena Cavallo, sopra Villavallelonga nel Parco nazionale d’Abruzzo. Sudato e affannato nonostante i 15 gradi sotto zero, giunto a quota 1850, si fermò davanti ad una meraviglia della natura: un lupo a non più di 150 metri da lui, fermo, attento, con le orecchie rizzate e lo sguardo fisso verso il limitar del bosco era pronto a balzare sulla preda.
Il giovane sci-alpinista si appiattì sulla neve allungando soltanto la testa per cercar di scorgere anche lui la preda del lupo. Ma lì sotto non c’era ombra d’animale, né rumori da lui percepiti. Tornando a guardare il lupo si accorse che a trenta metri da quello, su un più nascosto spuntone di ghiaccio e neve, c’era un altro lupo; anche lui a orecchie dritte e naso al vento. Passò qualche minuto e trenta metri oltre il secondo lupo ne spuntò un terzo. I tre lupi, equamente distanziati, formavano una mezzaluna pronta a chiudersi mortalmente a tenaglia sulla preda.
Ad un tratto lo sci-alpinista sentì tra gli alberi un rumore di zoccoli che sfondavano la neve gelata del sottobosco. I lupi si fecero ancora più attenti. Anche il giovane sci-alpinista, appoggiandosi sulle braccia tirò su torace e testa per vedere la preda fino ad allora neppure percepita. Bastò quel semplice gesto. Il capobranco si voltò verso di lui, lo guardò fisso, poi volgendo la testa verso gli altri due lupi, in un attimo sparirono dalla scena. Dal limitar del bosco uscì un cinghiale che, spaccando il ghiaccio con gli zoccoli e grufolando sotto la neve in cerca di radici, ignorava di dover la vita al giovane praticante di sci-alpinismo. Con la sua sola presenza aveva indotto i lupi a rinunciare al mortale attacco