Nelle aree del disagio sociale, quattro studenti su dieci hanno lasciato il banco con punte più alte al Sud e i dati sull’apprendimento sono molto sconfortanti 

Riaprono le scuole in un un altro anno difficile. «La pandemia è stato un duro colpo al diritto all’istruzione», dicono i professori. Soprattutto nelle aree del disagio sociale, quattro su dieci hanno lasciato il banco, con punte al Sud che oscillano tra il 35-40 per cento. Un annus horribilis in cui sono aumentate le disuguaglianze: tra i ragazzi, tra gli Istituti, tra Nord e Sud del Paese, tra centro e periferie delle grandi città. La scuola italiana non riesce a garantire le stesse opportunità a tutti e i dati sull’apprendimento sono sconfortanti: «Uno studente su due non ha raggiunto la preparazione minima nelle materie più importanti come italiano e matematica». In molte località i tamponi sono introvabili e il tentativo di tracciare i contagi nelle scuole è fallito in partenza


L’analisi di ANNA MARIA SERSALE

IL COVID HA FLAGELLATO la scuola per tutto il 2021, ha aumentato le disuguaglianze e fatto salire vertiginosamente le percentuali di abbandono. Un anno di restrizioni, mascherine in classe a partire dalle elementari, malessere diffuso, scelte altalenanti, provvedimenti spesso contraddittori, presi in corsa da governo, regioni, comuni, ministero, presidi… una catena di provvedimenti ai quali studenti, insegnanti e famiglie si sono dovuti adattare nel giro di poche ore. Con il lockdown, le chiusure a singhiozzo e le classi in quarantena per la presenza dei contagiati, il ricorso alla didattica a distanza (Dad) ha avuto effetti disastrosi. Problemi drammatici che ora ricadono sui ragazzi, su quella generazione Covid che sta pagando un conto salatissimo.

 Secondo l’indagine Invalsi (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo), uno studente su due non ha raggiunto la preparazione minima in italiano e matematica

«La pandemia è stato un duro colpo al diritto all’istruzione», dicono i professori. Soprattutto nelle aree del disagio, quattro su dieci hanno lasciato il banco, con punte al Sud che oscillano tra il 35-40 per cento. Un annus horribilis in cui sono aumentate le disuguaglianze: tra i ragazzi, tra gli Istituti, tra Nord e Sud del Paese, tra centro e periferie delle grandi città. Tante le cause. Aumento della povertà, senso di isolamento, tra i più fragili ci sono stati casi di autolesionismo, mancanza di prospettiva di fronte all’emergenza, assenza di mezzi tecnologici per affrontare le lezioni a distanza. Ma c’è di più. La scuola italiana non riesce a garantire le stesse opportunità a tutti, figurarsi al tempo della Dad. Infatti, i dati sull’apprendimento sono sconfortanti: «Uno studente su due non ha raggiunto la preparazione minima nelle materie più importanti come italiano e matematica», il dato emerge dall’indagine condotta durante la pandemia dall’Invalsi (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo).

I risultati peggiori sono legati alle condizioni socio-economiche delle famiglie, cui si sono aggiunte le restrizioni e la didattica a distanza, con danni in parte irreparabili. Alle spalle orari impossibili, trasporti disastrosi, ma soprattutto quei lockdown con il brusco passaggio alle classi virtuali, l’insegnante che fa monologhi di fronte alle faccine che appaiono sullo schermo, con ragazzi che cercano vie di fuga all’angoscia dettata da un nemico invisibile, che ha stravolto le loro vite, tolto la socialità, il calore dei compagni, dei rapporti diretti, degli sguardi e delle risate appena suona la campanella e le corse per conquistare un posto sul muretto davanti scuola.

A dicembre oltre 15 mila classi sono finite in quarantena per il boom dei contagi Omicron e sei regioni hanno chiesto l’aiuto dell’esercito per lo screening dei ragazzi

Ma la situazione sta peggiorando, a dicembre sono state oltre 15 mila le classi in quarantena per il boom dei contagi. L’accelerazione degli ultimi giorni spinge molti istituti a considerare l’ipotesi di prolungare le vacanze per evitare nuovi focolai. Il virus galoppa e la stretta di Natale non è bastata ad arginare i contagi, che stanno salendo velocemente. In Calabria, dove le “madri coraggio” per un anno si sono battute per le scuole aperte, il 2021 si è chiuso con il 40 per cento delle classi in didattica a distanza. Analoga situazione in Campania, Puglia e Sicilia, con un’esplosione di classi virtuali, chiusure anticipate e quarantene mascherate da vacanze. Anche il Nord è in grande difficoltà, soprattutto Veneto e Lombardia. A Codogno, provincia di Lodi, in trincea dall’inizio della pandemia, la maggior parte delle scuole a dicembre ha sospeso le lezioni in presenza. Nella provincia di Bologna prima di Natale decine di classi sono entrate in quarantena, con 283 tra studenti e operatori scolastici positivi. Centinaia di sospensioni anche in Liguria e nelle Marche, dove le classi in Dad sono raddoppiate: da 271 a 425.

Mentre la curva del contagio sale, le frenetiche consultazioni tra Viale Trastevere, il ministero della Salute e Palazzo Chigi sono proseguite a cavallo della riapertura degli Istituti scolastici. È stato proposto anche di prolungare le vacanze con una settimana in più, favorevoli anche alcuni virologi. Ma Draghi ha messo il veto e l’argomento è stato escluso dal Consiglio dei ministri che ha deciso le ultime misure prima di Capodanno. Intanto, sei regioni hanno chiesto l’aiuto dell’esercito per lo screening dei ragazzi, però i presidi dicono che i militari non si sono visti. Non solo. In molte località i tamponi sono introvabili e il tentativo di tracciare i contagi nelle scuole è fallito in partenza. Così, comincia un altro anno difficile, con migliaia di classi in Dad, docenti “no-vax” assenti, focolai familiari e la variante Omicron, che preoccupa più delle precedenti perché sembra essere il “virus dei bambini e dei ragazzi”© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Giornalista professionista, ha lavorato al “Messaggero” dal 1986 al 2010. Prima la “gavetta” in Cronaca di Roma, fondamentale palestra per fare esperienza e imparare il mestiere, scelto per passione. Si è occupata a lungo di degrado della città, con inchieste sugli abusi che hanno deturpato il centro storico. Dal 1997 ha lavorato alle Cronache italiane, con qualifica di vice caposervizio, continuando a scrivere. Un filo rosso attraversa la sua carriera professionale: scuola, università e ricerca per lei hanno sempre meritato attenzione, con servizi e numerose inchieste.