Scomparso il 23 giugno 2017 a 84 anni, Stefano Rodotà è stato insigne giurista e politico  La maggioranza dei nostri costituzionalisti minimizza la devastazione culturale generata dalla pandemia. Intransigente rispetto a ogni forzatura dell’ordine liberale costituito, come avrebbe reagito Stefano Rodotà di fronte all’emergenza Covid? Avrebbe portato alle sue conseguenze logiche la sua ben nota...

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Dal 1997 insegna diritto civile all’Università di Torino, diritto internazionale e comparato all’Università della California. Avvocato cassazionista, è stato fra i redattori dei quesiti referendari sui beni comuni del giugno 2011 e per due volte ha patrocinato il referendum presso la Corte Costituzionale. Fra i titoli pubblicati, ricordiamo “Beni Comuni. Un Manifesto” (Laterza 2011) che ha raggiunto l’ottava edizione, “Il saccheggio”, con Laura Nader (Bruno Mondadori, 2010), “Contro riforme” (Einaudi, 2013), “Senza proprietà non c’è libertà. Falso!” (Laterza, 2014). È curatore generale della collana Common Core of European Private Law (Trento Project) alla Cambridge University Press, ed editore capo della rivista Global Jurist. Il suo volume sulla proprietà privata, pubblicato nel 2001 (seconda edizione Utet 2014), ha ricevuto il Premio Luigi Tartufari dell’Accademia Nazionale dei Lincei consegnatogli dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. È presidente di “Generazioni Future Rodotà”