È l’alba del 7 febbraio del 1944. Il brillante assistente del futuro premio Nobel per la chimica Giulio Natta, vinto dalle torture degli aguzzini di Herbert Kappler, capo della Gestapo a Roma, si toglie la vita per non tradire i suoi compagni. Scrive ai genitori: «Sapete quale legame di affetto ardente mi lega a voi, ai fratelli e a tutti. Siate forti sapendo che lo sono stato anch’io». Ha appena compiuto 27 anni
di IGOR STAGLIANÒ
¶¶¶ «Carissimi genitori, per una disgraziatissima circostanza di cui si può incolpare solo il fato avverso, temo che queste saranno le mie ultime parole. Sapete quale legame di affetto ardente mi lega a voi, ai fratelli e a tutti. Siate forti sapendo che lo sono stato anch’io. Vi abbraccio. Gianfranco». Tre frasi con calligrafia minuta e incerta scritte nella prigione nazista di Via Tasso, nell’angolo di un assegno al portatore, l’unico pezzo di carta che gli aguzzini di Herbert Kappler gli hanno lasciato addosso assieme alla cintura dei pantaloni. Gianfranco Mattei è nelle mani del capo della Gestapo a Roma, il macellaio delle Fosse Ardeatine, sotto tortura anche la notte tra il 6 e 7 febbraio del 1944. È ridotto in fin di vita.
Sette anni prima, il brillante assistente del futuro Premio Nobel per la chimica Giulio Natta è entrato nel movimento antifascista milanese. A vent’anni, tra il 1936 e il 1938 frequenta il corso per allievi ufficiali di Pavia e tiene i collegamenti tra gruppi partigiani milanesi e fiorentini. A ottobre del ’43 fugge a Roma dove è meno conosciuto; il padre Ugo Mattei, già presidente della Confederazione Generale dell’Industria Italiana, è nel mirino dei fascisti. Da ricercatore al Politecnico di Milano Gianfranco s’era occupato di molecole polari e detersivi sintetici. Per i Gruppi di Azione Patriottica, formati dal comando generale delle Brigate Garibaldi, nella capitale prepara ordigni sempre più sofisticati insieme a Giorgio Labò in quella che verrà definita la “santabarbara” dei Gap di via Giulia 25. Un delatore ha messo la Gestapo sulle loro tracce. Il 1 febbraio del ’44 vengono sorpresi e tradotti in Via Tasso.
Il calvario delle torture in carcere va avanti per giorni. Gianfranco non vuole tradire i compagni, sceglie di suicidarsi e s’impicca all’alba del 7 febbraio con la cintura lasciagli dai carcerieri. 77 anni fa. “Piccin”, secondo di sette fratelli e sorelle di una famiglia dell’alta borghesia intellettuale milanese di origine ebraica, ha appena compiuto 27 anni. La sorella Teresita sarà la più giovane deputata comunista, una delle 21 madri costituenti della Repubblica italiana; fu lei a scegliere il fiore più povero, la mimosa, come simbolo della festa della donna. ♦ © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il testo dell’appello per “Italia Libera”: All’armi son fascisti!
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Foto: sotto il titolo, rastrellamento nazista a Roma dopo l’attentato di Via Rasella; in alto a sinistra, Gianfranco Mattei, al centro, la lettera inviata dal giovane gappista ai genitori prima di suicidarsi in carcere