
L’idea del governo Meloni di fare dell’Italia un hub energetico del Mediterraneo sarà presentata oggi al Consiglio europeo di Bruxelles. Ma non è poi così nuova. Ci aveva già pensato più di trent’anni fa il socialista Gianni De Michelis, da ministro degli Esteri. La novità è che oltre al metano — fonte “vecchia” di energia, e risorsa transitoria — si può immaginare un’importazione di energia verde con una pianificazione che tenga conto anche delle esigenze di rinnovabili dei Paesi del Nord Africa. Ci sono poi nuove prospettive per l’utilizzo del vento. In Italia la Sicilia sta progettando impianti galleggianti in mare per la produzione di energia eolica: non c’è danno al paesaggio, perché le “isole del vento” possono essere posizionate anche a decine di chilometri dalla costa. E ci sono conseguenze importanti per l’occupazione, con la creazione di molti nuovi posti di lavoro
L’analisi di GIANNI SILVESTRINI
LA VISITA DELLA Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Nord Africa ha riportato nell’agenda della politica estera un vecchio obiettivo strategico del nostro paese: diventare un hub energetico europeo. Non si tratta di un progetto nuovo, perché se ne parlava già ai tempi di De Michelis ministro degli Esteri. In questo progetto vecchio, vecchia è anche la fonte energetica che regge tutto il piano: il metano. I tempi sono cambiati, visto che i combustibili fossili tenderanno nei prossimi decenni ad avere un ruolo decrescente, motivo per cui anche le relazioni con i paesi del Nord Africa dovrebbero svilupparsi puntando con sempre maggiore incisività dallo sfruttamento comune delle fonti rinnovabili.
Il nostro problema nel breve periodo è quello di aumentare le forniture di metano perché la guerra in Ucraina ha causato delle forti riduzioni ai nostri approvvigionamenti e le azioni prima del governo Draghi e poi dell’attuale esecutivo sono andate in questa direzione. Ma appunto si tratta si soluzioni adatte nel breve-medio periodo, ma abbiamo altre carte da poter giocare in questo settore. La risposta migliore sarebbe appunto quella di puntare sulle rinnovabili, visti gli impegni presi a livello internazionale: nel 2050 l’Italia dovrà diventare “Climate Neutral” — ovvero dovrà essere capace di creare un equilibrio tra le sue emissioni di gas serra e la sua riduzione di emissioni totali. Per farlo dovremo aumentare sensibilmente la quota di elettricità verde e passare dal 34-38% mantenuta negli ultimi anni — al 72% entro il 2030. Il contributo sarà decisamente più elevato a metà secolo, quando il solo fotovoltaico dovrebbe contribuire, secondo il Piano del Governo inviato a Bruxelles, con una quantitià di elettricità pari agli attuali consumi elettrici (320 miliardi di kWh), considerando il raddoppio previsto della domanda a causa del processo di elettrificazione (pompe di calore, mobilità elettrica..).

In questo contesto si deve situare la collaborazione con i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Si potrebbe quindi pensare sul lungo periodo di importare energia rinnovabile che naturalmente dovrà servire innanzitutto a soddisfare lo sviluppo interno: la Tunisia per esempio intende installare 1.700 megawatt nell’ambito del suo piano di sviluppo delle rinnovabili recentemente approvato che offre i presupposti per un’economia sana che aiuti la stabilizzazione sociale e politica dell’area. In una fase successiva si potrebbe anche immaginare un’esportazione di elettricità verde e di idrogeno in Italia. Peraltro, in Tunisia si costruirà un cavo elettrico sottomarino che la collegherà con l’Italia che prevede uno stanziamento europeo di 107 milioni di euro, sugli 850 complessivi del progetto. Anche altri paesi si stanno muovendo nella direzione di una partnership nelle rinnovabili con l’Africa, visto che la Germania investirà circa 10 miliardi di euro per la produzione in Namibia di idrogeno, trasportabile via mare una volta trasformato in ammoniaca o in metanolo.
Un’altra alternativa interessante è rappresentata dall’eolico galleggiante in mare, una novità che si è sviluppata negli ultimi anni. Germania e Regno Unito puntano a installare rispettivamente 30 e 50 gigawatt dall’eolico off-shore entro il 2030. Il primo impianto off-shore, o meglio near-shore, in Italia è stato inaugurato a Taranto lo scorso anno dopo 14 anni per poter ricevere tutti i permessi necessari. Gli impianti galleggianti per la produzione eolica consentiranno anche diverse ricadute positive occupazionali ed economiche: essi devono essere assemblati nei porti e poi portati a largo da chiatte; quindi, le città portuali si trasformeranno in vere e proprie aree industriali, con la possibilità di creare molti posti di lavoro. Inoltre, la distanza dei punti in cui questi impianti vengono ancorati al fondale è tale per cui non ci sarebbero problemi dal punto di vista “paesaggistico”. L’impianto eolico di Renexia, ad esempio, da 2,8 GW si troverà a 64 chilometri dalle coste siciliane. © RIPRODUZIONE RISERVATA