I tre emblemi delle coreografie del XX secolo, ‘Dream Time’ di Jiří Kylian su musiche di Toru Takemitsu, ‘Romeo e Giulietta’ di Maurice Béjart su musiche di Hector Berlioz e ‘Le Sacre du Printemps’ di Maurice Béjart su musiche di Igor Stravinskij sono state messe in scena con eleganza e forza evocativa. Tre quadri che mettono in luce l’intensità dei sentimenti e sottolineano con vigore ogni sfumatura narrativa insita nelle creazioni. La ‘Sagra della primavera’, per i Béjart è un «inno all’unione tra Uomo e Donna, a livello più istintivo ed essenziale, un balletto dell’unione tra cielo e terra, un balletto della vita e della morte, eterna come la primavera». Se il grande coreografo fosse ancora vivo, non crederebbe forse ai suoi occhi nel vedere le atroci divisioni in cui l’umanità è nuovamente ricaduta, rispetto a quando l’opera fu scritta. La tournée prosegue al Teatro comunale di Bologna ed al Teatro Galli di Rimini
◆ L’articolo di ANNALISA ADAMO AYMONE
► Il Tokyo Ballet festeggia i suoi sessant’anni in Italia dopo aver fatto con decisione un cambio di passo per la sua evoluzione, nominando Yukari Saito direttrice della Compagnia e Shiori Sano direttrice artistica del balletto, entrambe ex prime ballerine dell’ensemble. La grande danza contemporanea di questa straordinaria compagine internazionale è arrivata al Teatro Petruzzelli di Bari, prima di proseguire per il Teatro comunale di Bologna ed il Teatro Galli di Rimini. Fondato nel 1964, il Tokyo Ballet, che annovera 26 tournée e 270 rappresentazione all’estero, ha presentato a Bari tre emblemi delle coreografie del XX secolo: ‘Dream Time’ di Jiří Kylian su musiche di Toru Takemitsu, ‘Romeo e Giulietta’ di Maurice Béjart su musiche di Hector Berlioz e ‘Le Sacre du Printemps’ di Maurice Béjart su musiche di Igor Stravinskij. Tre quadri eseguiti con assoluta eleganza e forza evocativa mettendo in luce l’intensità dei sentimenti e sottolineando con vigore ogni sfumatura narrativa insita nelle creazioni.
La vitalità dell’onirico ‘Dream Time’ ha condotto lo spettatore nella dimensione del viaggio dove l’invisibile è altrettanto importante, forse anche più importante, di ciò che si percepisce nel reale. Il coreografo Jiří Kylian e il musicista Toru Takemitsu, prima di realizzare ‘Dream Time’, fecero una spedizione a Arnhrimland, nel versante nord dell’Australia, per studiare le danze degli aborigeni. Seppure la coregrafia non ha alcuna traccia della cultura aborigena, tuttavia questo balletto «non sarebbe mai potuto nascere – ha dichiarato Kylian – senza le nostre esperienze nel 1980, lì dall’altra parte del globo». Al primo quadro è seguito il labirintico intreccio tra amore e odio realizzato da Maurice Bejart «per ricollegare il romanticismo spensierato di Berlioz – come sostenuto dallo stesso coreografo – con la magia e il senso della tragedia di William Shakespeare».
Di grande tensione emotiva l’ultimo quadro a cui il Tokyo Ballett ha dato vita sul palcoscenico del Petruzzelli: “Le Sacre du Printemps”. Danza avanguardistca, «inno all’unione tra Uomo e Donna, a livello più istintivo ed essenziale, un balletto dell’unione tra cielo e terra, un balletto della vita e della morte, eterna come la primavera», come lo definì il grande coreografo. La sensualità selvaggia ed il dinamismo rituale della coreografia, che alla prima rappresentazione nel 1959 scioccò il pubblico, era stata immaginata dal suo autore in un momento in cui le frontiere tra gli esseri umani si stavano sgretolando ed era possibile, secondo Bejart, «iniziare a parlare di una cultura che rifiuta i suoi limiti, solo le forze universali ed essenziali dell’uomo restano inalterate nel tempo e in ogni società». È certo che se Bejart fosse ancora vivo non crederebbe ai suoi occhi nel vedere le atroci divisioni in cui l’umanità è ricaduta. © RIPRODUZIONE RISERVATA