Il solo titolo del racconto breve “The Artificial Nigger” scritto sulla lavagna dallo scrittore Jeffrey Wright che insegna letteratura inglese all’università fa insorgere una studentessa. La parola “nigger” la urta. Lui le fa notare che si tratta del titolo di un racconto, e che in ogni caso l’unico ad essere urtato dovrebbe essere lui, visto che è l’unico in classe ad avere la pelle nera. Lei insiste, lui la caccia dall’aula e l’università lo sospende senza stipendio. Seguono depressione, alcolismo e l’inaspettato successo editoriale di un romanzo senza capo né coda scritto con un linguaggio artefatto che rifà il verso al presunto modo di parlare dei neri. Ma i suoi problemi non sono finiti. Premio Oscar per la migliore sceneggiatura non originale
◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *
► Se non ne potete più degli eccessi della cosiddetta cultura woke, che negli Stati Uniti – ma anche in parte qui da noi – ha trasformato una sacrosanta battaglia contro le ingiustizie razziali e sociali in una insensata caccia alle streghe nei confronti del passato, allora “American Fiction”, del regista afroamericano Cord Jefferson, è il film che fa per voi.
Il film è uscito nel 2023 e ha avuto un buon successo negli Stati Uniti, dove evidentemente il problema degli eccessi del politicamente corretto è molto sentito. Dalle sale italiane è scomparso presto, ma da qualche giorno è disponibile su Prime Video. Tra l’altro, ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, perché segue fedelmente la trama del romanzo “Erasure”, scritto nel 2001 da Percival Everett. Anche lui, manco a dirlo, afroamericano. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org