Provate a citare “Giulio Cesare” in una conversazione con dei francesi e vedrete la reazione che quel nome suscita, anche in persone colte. La “grandeur de France” è stato l’imprinting che ha orientato molte scelte francesi, il “tutto nucleare”, civile e militare, per restare vicini alla querelle degli ultimi mesi. Predicato in nome dell’autonomia energetica e, soprattutto, per poter essere una “potenza atomica” alimentando la ‘force de frappe’. Una scelta di non grande lungimiranza. Comunque oggi grazie di cuore anche per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che, per fortuna, non contempla il “diritto alla felicità”. E se a una cultura politica comune europea si deve fare riferimento sia quella, soprattutto per vari Paesi ex comunisti ammessi nella Ue, dei 17 articoli della Dichiarazione del 1789
Il corsivo di MASSIMO SCALIA
C’È ANTIPATIA DIFFUSA tra francesi e italiani, non sempre sottaciuta. Personalmente li sopporto sempre meno, e trovo ridicolo il loro sciovinismo, matrice, tra l’altro, del fumetto di successo che si è inventato un villaggio in cui i Galli fanno strame dei Romani invasori. Già, provate a citare “Giulio Cesare” in una conversazione con dei francesi e vedrete la reazione che quel nome suscita, anche in persone colte.
La “grandeur de France” è stato l’imprinting che ha orientato molte scelte francesi, il “tutto nucleare”, civile e militare, per restare vicini alla querelle degli ultimi mesi. Predicato in nome dell’autonomia energetica e, soprattutto, per poter essere una “potenza atomica”, la ‘force de frappe’, non allineata con la Nato e gli Stati Uniti. Una scelta di non grande lungimiranza, come stanno insegnando, per la parte civile, l’andare in tilt a causa della siccità di buona parte del surdimensionato parco nucleo elettrico dei nostri cugini e il fallimento dell’industria di stato, Areva, che non è ancora riuscita a far entrare in esercizio, dopo oltre 12 anni, nessuno dei suoi prodigiosi EPR III+, la terza generazione “avanzata”. Un fallimento assorbito dal bilancio dello stato, cioè pagato dai cittadini francesi. Ops! Scaricato sui fondi Ue, se l’introduzione in tassonomia “verde” non trova altri ostacoli, dopo il deprecato voto del Parlamento Ue del 6 luglio scorso. E, per la parte militare, si è visto nella guerra di Putin contro l’Ucraina quale elevato livello di autonomia abbiano mostrato i capi della Ue, non solo i francesi ahimè, nei confronti della Nato e degli Stati Uniti.
La “grandeur de France” è stata la sigla di altri fallimenti, quello del Concorde, tanto per ricordarne un altro in campo industriale, ed è l’ideologia alla base di quell’imperuccio neo-coloniale che è una motivazione basilare per praticare — oltre ai pesanti calci negli stinchi rifilati all’Italia nella vicenda libica, col formidabile risultato di aver fatto dell’autocrate turco, oppressore dei Curdi, un mini-Napoleone — gli sgambetti che i governi francesi, quelli “progressisti” inclusi, anzi, hanno iterato contro la costituzione di un’Europa politica, fin dallo sciagurato referendum voluto nel 2002. Anche dall’Olanda. Del resto, il conio di quella sigla è di un generale sulla cui statura, quella politica, e perspicuità valgono le battute di John e Jacqueline Kennedy nella loro visita a Parigi di oltre mezzo secolo fa. De Gaulle, che a Yalta non gli passò mai in mente ad alcuno di invitarlo…
Però, è il 14 luglio. E quindi grazie di cuore per Liberté, Égalité, Fraternité e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che, per fortuna, non contempla il “diritto alla felicità”, come prevede invece la Costituzione degli Stati Uniti. E se a una cultura politica comune europea si deve fare riferimento sia quella, soprattutto per vari Paesi ex comunisti ammessi nella Ue, dei 17 articoli della Dichiarazione del 1789. Nella nitida separazione del potere legislativo da quello esecutivo e giudiziario, come Montesquieu ha insegnato. E quindi anche un mio grazie personale all’Illuminismo francese, che di questi fondamenti è stato grande ispiratore. © RIPRODUZIONE RISERVATA