Grazie ai fondi del Pnrr e facendo leva sul decreto siccità del 2023, tra Bellunese e Trentino si progetta un grande bacino con un murazzo alto 116 metri, alla confluenza dei due torrenti Vanoi e Cismon (Primiero, Trento). Un invaso lungo 4000 metri, capace di contenere 33 milioni di metri cubi d’acqua. Stando al progetto, l’invaso risolverebbe una miriade di criticità: produzione di energia idroelettrica, riserva d’acqua potabile, riserva d’acqua per l’agricoltura industriale del fondovalle della Brenta, laminazione delle piene, ricreazione e turismo. Tutti obiettivi fra loro conflittuali in caso di emergenza vera, con il rischio aggiuntivo di un “effetto Vajont”. Diffuso il 2 luglio dal Consorzio di bonifica del Brenta, il progetto concede ad associazioni e cittadini solo quindici giorni per presentare le loro osservazioni. Mobilitazione di Italia Nostra e Mountain Wilderness contro un’opera commissariata per superare gli ostacoli a suon di deroghe, già bocciata dalle Province di Belluno e di Trento


◆ L’articolo di LUIGI CASANOVA, presidente di Mountain Wilderness Italia

Sotto il titolo, un tratto del torrente Vanoi; qui in alto, la localizzazione della diga tra Bellunese e Trentino

Si trova sempre un motivo per imporre cemento sulle Alpi. Specie per aggredire aree ancora naturali. In una delle valli più integre del Trentino, il Vanoi, sembra infastidire la presenza di un torrente con acque ancora libere, dove la trota marmorata si riproduce senza immissioni forzate, dove la vegetazione riparia offre ricovero e vita a un avifauna sempre più rara, dove il turista riesce ancora a leggere cosa significhi naturalità e può cogliere i valori di ecosistema fluviale intonso. L’attacco alla valle e alla popolazione che la abita arriva dal Consorzio di bonifica del Brenta (il fiume noi lo chiameremo, come storia insegna, al femminile). Vi avevano provato negli anni ‘50 del secolo scorso a imporre una diga con scopi idroelettrici, ma i costi di realizzazione dell’opera erano insostenibili. Vi hanno provato anche nel 1998. Una diffusa mobilitazione popolare e culturale (scrittori, musicisti, alpinisti) aveva bloccato l’iniziativa.

Ora ci si riprova, grazie al Pnrr e facendo leva sul decreto siccità del 2023. Si prevede la costruzione di un grande bacino con un murazzo alto 116 metri, alla confluenza dei due torrenti Vanoi e Cismon (Primiero, Trento). Un invaso lungo 4000 metri, capace di contenere 33 milioni di metri cubi d’acqua. Sta scritto nel progetto, risolutivo per una miriade di criticità: produzione di energia idroelettrica, riserva d’acqua potabile, riserva d’acqua per l’agricoltura industriale del fondovalle della Brenta, laminazione delle piene, ricreazione e turismo. Tutti obiettivi fra loro conflittuali in caso di emergenza vera.

Mappa del Rischio Idrogeologico – Primiero Vanoi

La realizzazione del progetto e dell’opera è stata commissariata. Ritenendo così di poter superare i mille ostacoli presenti a suon di deroghe. Nessuna realtà provinciale (Trento e Bolzano), e la Regione Veneto hanno inserito nella loro pianificazione l’opera. Nessun comune sembra interessato. A Bassano del Grappa le istituzioni non ne sanno nulla, almeno così affermano. Eppure il progetto diffuso il 2 luglio prevede tempi stretti per le osservazioni, 15 giorni. Questo nonostante i due versanti della val Cortella presentino rischio geologico massimo (vedasi carta geologica della Provincia di Trento). Nonostante si tratti di un corridoio ecologico di ambito legato all’acqua. Nonostante lungo l’asse del torrente vi stia scritta la storia identitaria delle popolazioni locali venete e trentine. In Veneto, dove dovrebbe sorgere la diga (Lamon) vi è il Sic-Zps It 3230035 Valli del Cismon-Vanoi-Monte Coppolo. E, causa il rischio evidente di franamenti cospicui, non si esclude, nemmeno in progetto, l’effetto Vajont che cancellerebbe gli abitati a valle, da Fonzaso a Arsiè e poi giù, fino a Bassano del Grappa. 

Nonostante quanto descritto il Consorzio della Brenta, sorretto dall’appoggio del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, prosegue. Aver concesso solo 15 giorni di tempo a comitati, comuni e enti regionali per presentare osservazioni è un’umiliazione del diritto di cittadinanza e della trasparenza. Le associazioni ambientaliste Italia Nostra e Mountain Wilderness Italia, affiancate da decine di cittadini e da alcune forze politiche, hanno  presentato osservazioni preliminari che meritano risposte di dettaglio. Perché le alternative alla grande diga ci sono, offrono soluzione ai problemi elencati. Parliamo delle aree forestali di infiltrazione (Afi) già sperimentate con successo in Veneto: risolvono problemi di sicurezza, di approvvigionamento idrico in casi di emergenza siccitosa e permettono la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, nel concreto rivitalizzano servizi ecosistemici oggi devastati.

La diga è l’imposizione di un’opera che sconvolge un intero territorio, fragile, che cancella l’esistenza di una popolazione alpina, che cancella ogni valore a un corso d’acqua e che comunque non offre soluzione ai problemi sopra descritti in caso di emergenze, né alluvionali né siccitose. Per Mountain Wilderness Italia e Italia Nostra rimane da affrontare  solo l’opzione zero, quindi niente invaso, né piccolo né grande. Sarebbe invece auspicabile − fin da subito, affermano le due associazioni ambientaliste − investire parti dei denari previsti dal Pnrr (200 milioni di euro) in un una complessa e diffusa riqualificazione del bacino della Brenta: riqualificazione paesaggistica, naturalistica, ricreativa e un serbatoio di acqua irrigua diffuso lungo tutto l’asta del fiume. Ovviamente portando l’imprenditoria agricola del bacino a investire in sobrietà e risparmio. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Bellunese, già Custode forestale nelle Valli di Fiemme e Fassa e ora in pensione, è una voce storica dell’ambientalismo. Il suo impegno sociale è nato nell’antimilitarismo e nel Movimento Nonviolento. È stato presidente di Mountain Wilderness Italia e oggi ne è presidente onorario. Per quasi due decenni, fino a maggio 2020, è stato vicepresidente di Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi), ancora oggi è membro del Consiglio direttivo di Italia Nostra del Trentino e rappresenta le associazioni ambientaliste nella Cabina di regia delle aree protette e dei ghiacciai del Trentino.

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