
Corso d’acqua “imbrigliato” tra gli argini; sotto il titolo, il fuoco minaccia sempre più spesso le case
Le sempre più frequenti alluvioni sono generate dalla trasformazione di fiumi e torrenti in stretti canali. E per gli incendi si tira in ballo il gran caldo, o l’instabilità di qualche individuo. Nulla si dice sulla criminalità organizzata o gli affaristi economici interessati a distruggere le parti più sensibili del nostro territorio come Parchi naturali o aree pregiate. L’obiettivo? Liberare il terreno dagli alberi e magari costruire devastanti (per la biodiversità e il paesaggio) pale eoliche in vista di possibili finanziamenti europei. Delinquenti coscienti non menti malate affette da un «impulso ossessivo per appiccare incendi». Ad usare termini sbagliati tanti politici e, persino, il ministro della Transizione ecologica
L’analisi di FRANCESCO MEZZATESTA

Un corso d’acqua prima e dopo l’antropizzazione
I DISASTRI AMBIENTALI come alluvioni e incendi sono in aumento ma a sentire certi servizi televisivi si rischia di cadere in «depressione ambientalista». Di fronte all’esondazione di un corso d’acqua si sente il commentatore utilizzare un frase che suona all’incirca così: «è piovuto tanto come mai successo nel passato». E via con le interviste alla signora che piange raccontando quanto successo magari lamentando la cantina allagata. Nulla si dice delle possibili cause del disastro ambientale ma solo si ricorda la troppa pioggia. Quasi sempre, qualora venga fatto un controllo aereo (a volte bastano semplici riprese), si nota che lo spazio di espansione laterale delle acque, allo scopo di recuperare spazio da antropizzare, è stato ridotto trasformando fiumi e torrenti con le loro golene, in stretti canali. In tal modo l’acqua non si può più espandere lateralmente rallentando la sua corsa a valle rimpinguando le falde idriche ma aumenta la propria velocità di scorrimento arrivando come una bomba d’acqua contro ponti e manufatti. Tanto più che con i cambiamenti climatici i fenomeni climatici estremi saranno sempre più frequenti e servirebbero contromisure adeguate al mutato quadro metereologico.
La disinformazione ambientale fa danni anche quando vengono commentati gli incendi. Ecco allora tirato in ballo il grande caldo che come la pioggia per le alluvioni sarebbe alla base dei disastri. E poi in questi casi non potendo divagare sulle cause vengono citati i piromani quali «fanatici malati di mente che appiccano fuochi» e non come è spesso in realtà personaggi inviati dalla criminalità organizzata o da affaristi economici a distruggere le parti più sensibili del nostro territorio come Parchi naturali o aree pregiate per liberare il terreno da alberi e magari costruire devastanti (per la biodiversità e il paesaggio) pale eoliche in vista di possibili finanziamenti europei. La disinformazione passa quindi anche attraverso certe terminologie utilizzate. L’uso del termine piromane andrebbe abolito mettendo al suo posto il termine di «delinquente che appicca il fuoco». Una tipologia di individui che rimangono indifferenti se gli incendi ammazzano persone e distruggono ambienti produttori di ossigeno e biodiversità necessari alla vita e alla salute umana. Delinquenti coscienti non menti malate affette da un «impulso ossessivo per appiccare incendi».

Cifre stratosferiche per ricerche spaziali, nessuna sorveglianza dall’alto dei focolai
Peccato che questi termini riduttivi siano usati anche da molti politici, tra cui nientemeno che il ministro per la Transizione ecologica, oltre che da giornalisti distratti. Del resto la conoscenza della natura, delle catene alimentari di ecosistemi e habitat, della tutela rigorosa del territorio sembrano concetti estranei per il nostro ceto politico, compresi i laureati in materie tecniche troppo spesso più attenti a quanto esce dai commenti dei bar che non agli appelli di scienziati e ambientalisti. Come priorità assoluta servirebbe una legge che tutelasse davvero il territorio a cominciare dalla questione urbanistica, mettendo fine al disordine edificatorio e tutelando centri abitati, corsi d’acqua, boschi, coste marine e pianure. Ci si domanda perché mai, mentre si spendono grandi cifre per ricerche nello spazio, non venga creata una rete tecnologica che sorvegli dall’alto l’insorgere dei focolai di incendi.
C’è da chiedersi perché vada bene la spesa di miliardi per acquistare cacciabombardieri mentre per acquistare (non affittare) una flotta non risicata di 50/100 aerei antincendio vi sono difficoltà. Ma i nostri politici non si vergognano a parlare di svolta green? Altro che transizione ecologica! E poi, soprattutto, quando si decideranno a introdurre nelle scuole elementari, l’insegnamento della biodiversità? Non di un generico ambiente si deve trattare ma di fauna, flora, geologia, natura reale insomma in modo tale da far conoscere ai più giovani l’«anatomia della natura». Se mai nelle prossime generazioni verrà favorita la crescita della «cultura della natura» non sarà più possibile che i «delinquenti del fuoco» vengano spacciati per persone malate definite «piromani». © RIPRODUZIONE RISERVATA